autunno
23 settembre 2016

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Autunno in Calabria tra miti e leggende


Equinozio d’autunno 2016: da ieri pomeriggio, 22 settembre, esattamente alle ore 16.21 ora italiana, l’estate ci ha lasciato, facendoci entrare nella nuova dolce stagione autunnale.

La parola «equinozio» deriva dal latino e significa notte uguale (al giorno) e avviene due volte l’anno: in primavera intorno al 20 marzo e in autunno, tra il 22 e il 23 settembre. Agli equinozi, il Sole sorge quasi esattamente ad est e tramonta quasi esattamente ad ovest, mentre dal punto di vista astrologico segna l’entrata del Sole in Bilancia, segno dell’equilibrio, cardinale ed opposto al suo gemello primaverile Gemelli.

Anche l’astrologia ci ricorda che questi sono gli ultimi giorni in cui le forze si bilanciano e che, dopo sei mesi di oscurità, la luce vincerà di nuovo così come la vita sulla morte.

E’ il mito di Persefone la mitica figlia di Zeus e Demetra, la dea che controllava i ritmi della Terra. Per gelosia il dio dei morti Ade la rapì e la portò negli Inferi e la madre, come segno di lutto e fin quando non riebbe sua figlia, rese impossibile il germogliare delle sementi e delle piante e sterile tutta la terra. Grazie alla madre, Persefone alla fine ottenne di passare sei mesi all’anno sotto terra, inverno e autunno appunto, mentre gli altri sei mesi poteva tornare a casa regalando la fioritura della terra.

Il culto di Demetra e Persefone nella Calabria magnogreca era molto diffuso, importanti tracce di templi e luoghi di culto ne rimangono a Locri, a Vibo Valentia, a Reggio Calabria.

Probabilmente erano praticati i misteri eleusini, con i loro rituali che rappresentavano proprio il rapimento e che per primi lasciavano intravedere l’idea di una vita oltre la morte. Nel mese di Broedremione (settembre-ottobre) le offerte alla Dea prevedevano melograni e colombi, ancora adesso considerati portatori di fortuna e abbondanza, e il sacrificio di piccoli maiali, simbolo di fertilità.

L’equivalente celtico di Persefone era Mabon, figlio della Dea Madre, che fu rapito tre notti dopo la sua nascita, tenuto progioniero per molti fino a quando venne liberato da Culhwch, cugino di Re Artù. Per festeggiarne il ritorno i celti celebravano tutti gli anni la festa di Samain.

In entrambi i miti viene ciclicamente rivissuto ad ogni autunno il sacrificio del dio o della dea che, dopo l’esplosione della vita e della massima potenza fecondante data in primavera e in estate, è costretto a morire a sé stesso, a declinare nel buio della terra, per poi rinascere.

Tutte le antiche civiltà, che erano soprattutto agricole e quindi strettamente legate alle variazioni climatiche, gli equinozi e i solstizi scandivano le varie fasi della vita dell’essere umano e venivano adeguatamente celebrati.

Questo momento rappresentava un passaggio, un tempo per la meditazione, per rivolgersi all’interno, durante il quale la separazione tra ciò che è visibile e ciò che è invisibile si assottiglia sin quasi a scomparire. L’equinozio perciò era ed è, il tempo del seme, delle radici officinali, delle potature, dell’acqua, della preparazione del compost, preparatorio al riposo invernale.

Anche se nell’attuale calendario agricolo contadino poco o nulla è rimasto delle ritualità festive autunnali, possiamo affermare che le ultime tracce degli antichi riti di passaggio rurali e pagani sono quelle relative alla vendemmia e alla festa di Ognissanti.

La vite già anticamente rappresentava l’Albero della vita, capace di collegare i due mondi e di attraversare le dimensioni, garantendo lo scorrimento delle energie vitali. La vendemmia e tutte le operazioni di raccolta, spremitura, fermentazione del vino, analogia perfetta del ciclo vita-morte-trasmutazione, erano celebrati ovunque. In Calabria è certo che i Baccanali, dedicati al dio del vino Bacco, erano molto praticati ma per la loro natura orgiastica e segreta, furono ben presto probiti dai romani come si evince dalla famosa tavoletta, risalente al 186 a.C., ritrovata a Tiriolo nel 1640.

Il Cristianesimo riprese ampiamente il concetto e l’uva con la sua trasformazione in vino continua a rappresentare la vita transustanziata in nuove forme, il vino come sangue di Cristo, essenza della vita stessa.

Legata ai significati dell’Equinozio è anche la festa dell’Arcangelo Michele, che viene celebrata con molto fasto il 29 settembre in molti luoghi, soprattutto nel Sud Italia. Oltre alle tradizionali fiere e processioni, in alcuni paesi, soprattutto in Irpinia e in Basilicata, tuttora si fa ‘o sulco dell’Angelo, un grandissimo solco di cinquecento metri sulla terra arata da più cavalli, per avere la protezione del Santo.

San Michele Arcangelo, appare nell’iconografia cristiana con una spada in mano che abbatte un mostro tellurico accasciato ai suoi piedi: è il difensore della Luce che e simbolo della forza che agisce contro il male, sinonimo della volontà necessaria ad attraversare il buio della stagione invernale, la forza interiore di ognuno, capace di attraversare l’Abisso e ricominciare un nuovo ciclo.
Annamaria Persico


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