Correva l’anno 1528 e gli abitanti di Cerenzia, piccolo paese della Calabria, mentre facevano la fila alla fontana pubblica per la quotidiana provvista d’acqua, all’improvviso sentirono un impressionante ruggito e videro un terribile drago con sette teste che vomitava lingue di fuoco.
I cerenzioti fuggirono e, preoccupati e impauriti, chiesero consiglio al vescovo che sentenziò: «Quello è il redivivo drago dalle sette teste che, attorno al mille, divorò un cristiano al giorno per un intero anno. Un uomo qualsiasi non potrà mai sconfiggerlo. L’unico che può riuscirci è san Teodoro d’Amasea, capace di uccidere la bestia più grande e feroce di questo mondo con un sol colpo di spada».
Una delegazione si recò subito da san Teodoro a chiedere aiuto e questi, impietosito, accettò di mettere la propria spada al servizio della tranquillità di Cerenzia. Così, il 9 novembre del 1528, tutti i cerenzioti, con in testa il santo guerriero, andarono verso la grotta, provocarono il drago e lo fecero uscire fuori. San Teodoro allora, rapido come un fulmine, lo infilzò in uno dei quattordici occhi, e, aiutato dopo anche dagli altri, lo uccise.
I cerenzioti felici e grati, elessero san Teodoro protettore del paese e da allora in poi lo festeggiarono ogni 9 novembre, ricorrenza dell’epica giornata. Un quadro custodito in chiesa lo ricorda, raffigurato con le sette lingue del drago sulla testa.
Annamaria Persico