«Leggiamo commenti entusiastici da parte di autorevoli esponenti del Governo e della politica sui dati diffusi dall’Istat e sugli effetti salvifici del Jobs Act: non solo non convincono, ma analizzando i numeri, a ben guardare, c’è di che preoccuparsi. Per quanto riguarda gli occupati, infatti, il saldo positivo del 2015 è esattamente lo stesso di quello del 2014, anno in cui Jobs act e sgravi non erano in vigore, e gli inattivi continuano a crescere mese dopo mese». Così Serena Sorrentino, segretaria confederale della Cgil, in seguito alla diffusione dei dati provvisori Istat su occupati e disoccupati a dicembre 2015.
«Nel dicembre 2014», spiega Sorrentino «l’Istat registrava un aumento in valore assoluto di +109 mila occupati su base annua, con una crescita dello 0.5%: si tratta esattamente dello stesso saldo del 2015, +109 mila persone occupate e +0.5%. Al di là della paradossale coincidenza, viene da chiedersi se davvero si può parlare di effetto miracoloso del Jobs act e di riuscita delle politiche di elargizione alle imprese dell’esonero contributivo se la tendenza è uguale all’anno precedente, anno in cui non c’erano né i vantaggi fiscali né i licenziamenti illegittimi facilitati».
Serena Sorrentino sottolinea inoltre che «la cancellazione dei diritti fatta con il Jobs act e 3,5 miliardi di euro alle imprese in tre anni attraverso l’esonero contributivo hanno prodotto +48 mila posti di lavoro: parlare di successo appare una forzatura».
«La politica», sostiene Sorrentino «ha la responsabilità di verificare l’efficacia delle iniziative legislative, e se questi sono i dati occorre riflettere sulla reale portata del Jobs act. Anche perché nell’ultimo trimestre del 2015 si registra contemporaneamente la crescita degli inattivi (+0.2%, pari a +32 mila), dato che segnala un aumento dello scoraggiamento delle persone nella ricerca di occupazione e l’urgenza di un investimento serio sulle politiche attive. Cosa che finora non è stata fatta, considerando la nuova agenzia Anpal, nata senza risorse e senza strumenti e non ancora operativa, e la vertenza dei lavoratori dei centri per l’impiego, che assume connotati sempre più drammatici e di incertezza. Come si vede quindi siamo alla solita vecchia politica, grandi proclami, scarsi risultati, e soprattutto un uso sbagliato delle risorse».