Bruno Arcuri, con padre Alex Zanotelli
29 luglio 2016
Bruno Arcuri, con padre Alex Zanotelli

News Calabria

In ricordo di Bruno Arcuri, sette anni dopo la sua dipartita


Carissimo Bruno, ti dico la verità: ho partecipato molto malvolentieri al tuo funerale, tenutosi a Castagna nel caldo pomeriggio di mercoledì 29 luglio.

«Muore giovane chi è caro agli dei», sentenziava Menandro, non accorgendosi di scrivere una grandissima castroneria. Non si può, non si deve morire a 30 anni.

«Vorrei sapere a che cosa è servito vivere, amare, soffrire, spendere tutti i tuoi giorni passati se così presto hai dovuto partire, se presto hai dovuto partire» (Francesco Guccini).

Se anche lui, il Menandro, avesse partecipato al tuo funerale e avesse visto lo strazio nei volti e nei cuori dei tuoi genitori Bruno e Gemma, di tuo fratello Carlo, di tua nonna Ines, dei tuo zii Lidia e Federico, si sarebbe sicuramente ricreduto.

Se avesse visto, il Menandro, le lacrime e lo sgomento dei tuoi amici e compagni, dei tuoi ex alunni del Liceo classico di Lamezia Terme, del Liceo scientifico di Decollatura, del Liceo scientifico di Catanzaro, avrebbe sicuramente, e a sue spese, fatto cancellare una volta per sempre la sentenza dai milioni di volumi che l’hanno riportata, in tutte le lingue, nel corso dei secoli.

Non molto tempo fa ho riletto L’uva puttanella-Contadini del Sud, il bellissimo libro di Rocco Scotellaro, sindaco di Tricarico, un piccolo comune in provincia di Matera, morto anche lui a 30 anni, nel 1953.

Una persona giusta e generosa come te, carissimo Bruno, un intellettuale sempre in prima linea nel difendere i diritti dei più deboli, nel promuovere battaglie di civiltà e di giustizia sociale.

Ebbene, nell’ultima pagina del volume è riportata una poesia di Francesca Armento, madre di Rocco, che inizia così: «Peccato morire così giovine/non ancora compito trentuno anno./Tutto il popolo l’ha pianto…».

Anche il popolo di Carlopoli, mio sfortunatissimo amico, ha manifestato il suo dolore prima, durante e dopo il tuo funerale al quale hanno partecipato un migliaio di persone, provenienti da tutta la Calabria. Autorità civili e militari, sindaci del comprensorio lametino, rappresentanti di associazioni e movimenti ma soprattutto tante ragazze e tanti ragazzi.

Molti ancora non credevano che la morte ti avesse ghermito a Germaneto, in quella maledettissima alba del 28 luglio. Stento a crederlo, mi rifiuto di crederlo anch’io.

«Voglio però ricordarti com’eri, pensare che ancora vivi, voglio pensare che ancora mi ascolti e che come allora sorridi e che come allora sorridi…» (Francesco Guccini).
Ciao, Bruno. Non ti scorderò mai. Mai!
Federico Arcuri
(tratto da reportage n. 13/14, 1-31 luglio 2009)


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