Patate-Mpacchiuse-5
14 novembre 2016

Ricette del cuore: cucina di Calabria e del Sud

La Sila e le patate ‘mpacchiuse, cibo calabro del buon umore


Hanno il colore dell’oro e il profumo dei boschi della Sila mescolato a quello di antichi focolari domestici, un cuore morbido e delicato circondato da una deliziosa crosticina: sono le patate ‘mpacchiuse.

La storia della patata in Calabria è antica. Risale al Seicento, quando i soliti Carmelitani Scalzi introdussero questo strano tubero arrivato dalle lontane Americhe che fu da molti in Europa guardato con sospetto per il colore, che allora era violaceo, la forma che ricordava certe malattie e anche per la sua tossicità a crudo.

Evidentemente però i calabresi si accorsero presto delle eccezionali qualità del prodotto in realtà sostanzioso ed economico, che cresceva bene e ancor più ricco di amido proprio a 1000 metri d’altezza sulle alture del Gran bosco d’Italia, la Sila.

Nel 1811 la patata della Sila era già contemplata nelle Statistiche ufficiali del Regno, via via le coltivazioni furono curate ed estese fino ad arrivare ad oggi, con la patata della Sila IGP, prodotta esclusivamente nei comuni di Acri, Aprigliano, Bocchigliero, Celico, Colosimi, Longobucco, Parenti, Pedace, Rogliano, San Giovanni in Fiore, Serra Pedace, Spezzano della Sila, Spezzano Piccolo, in provincia di Cosenza ed i comuni di Albi, Carlopoli, Cicala, Conflenti, Decollatura, Magisano, Martirano, Martirano Lombardo, Motta Santa Lucia, Serrastretta, Sorbo San Basile, Soveria Mannelli, Taverna in provincia di Catanzaro.

Questi comuni delimitano naturalmente l’Altopiano della Sila, dove la natura dei terreni e le caratteristiche climatiche permettono di ottenere il prodotto ottimale.

La patata della Sila è fondamentale nella cucina calabra e si presta per la sua duttilità a moltissime preparazioni, la prima delle quali in ordine di importanza è quella delle patate ‘mpacchiuse: piatto povero ma prezioso, cibo prediletto dei calabresi che vi hanno sempre trovato sostentamento ma anche conforto, esattamente come le madeleine di proustiana memoria. Si chiamano così perché a fine cottura risultano appiccicate una all’altra, ‘mpacchiuse appunto, in dialetto.

Tutto questo grazie alle grandi proprietà nutritive della patata della Sila, ricca di amidi buoni, fibre, vitamine, minerali e importanti composti fitochimici come i carotenoidi e i polifenoli, ma soprattutto ricca di triptofano, un aminoacido essenziale che si introduce nell’organismo solo attraverso i cibi ed è responsabile del processo di produzione della serotonina, il cosiddetto ormone della felicità che migliora l’umore, fa dormire di più e fa sopportare meglio il dolore fisico.

Insomma, mangia patate ‘mpacchiuse e stai sereno!

Ingredienti
4 grosse patate silane
olio extravergine di oliva
1 spicchio di aglio, sale quanto basta
peperoncino (facoltativo)

Preparazione
Lavate le patate della Sila, sbucciatele e tagliatele a rondelle non troppo sottili, circa mezzo centimetro. In una padella capiente versate un filo d’olio extravergine di d’oliva e fatevi dorare lo spicchio d’aglio. Eliminate l’aglio ed aggiungete nella padella le patate, aggiustate di sale e, se volete, aggiungete anche del peperoncino piccante, mescolate e coprite la padella col coperchio. Mescolate le patate in modo da amalgamarle e dopo pochi minuti giratele dal lato non cotto, ricoprite e fate cuocere ancora.

Le patate ‘mpacchiuse sono pronte quando saranno appiccicate tra di loro e ben dorate su tutti i lati. Bisogna, quindi, controllare di tanto in tanto la cottura e girarle non troppo spesso, per evitare che si rompano. Scolate le patate dall’olio sollevandole con una schiumarola e servitele ben calde, accompagnandole con un buon bicchiere di vino rosso calabrese.

Questo semplice e magnifico piatto, volendo, si può fare anche all’uso antico, usando al posto dell’olio del buon strutto di maiale. Inoltre si può arricchire aggiungendo a metà cottura, a secondo della zona in cui vi trovate e dei prodotti disponibili, cipolle rosse di Tropea, funghi porcini silani o anche listerelle di peperoni della Piana lametina.
Annamaria Persico (articolo già pubblicato su Reportage il 19 agosto 2016)


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