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26 luglio 2017

News Calabria

La vera storia della sfogliatella, una delizia tutta al femminile


La sfogliatella e Napoli, avviluppate in un intenso scambio d’amore, che l’una si fonde nell’altra in un continuo scambio osmotico.

Che scoperta, dirà qualcuno, è nata a Napoli. No, è nata in Asia! Napoli è stato solo il luogo giusto dove si è sentita accolta e amata. La sua prima apparizione ci porta nell’antica Pessinunte, odierna Turchia, ben duemila anni A.C. nei riti dedicati ad una dea, la Grande Madre Cibele.

Il culto di Cibele arrivò in Grecia e poi nel duecento A.C. a Roma. Anche nella grotta di Piedigrotta le sacerdotesse, devote alla dea, officiavano i riti propiziatori alla fertilità offrendo quei dolci triangolari. La forma richiamava inequivocabilmente l’organo riproduttivo femminile.

Tra l’altro, nel Gabinetto Segreto, una sezione del Museo Nazionale di Napoli, dedicata all’eros degli abitanti di Pompei, sono custoditi ex voto di tale forma. Le mani artigiane di duemila anni fa seppero ben riprodurre, rispettando ogni dettaglio ivi incluse le pieghe dell’organo femminile.

Con l’avvento del Cristianesimo, nell’antro dove per secoli si consumavano sfrenati baccanali, venne edificata una cappella dedicata alla Vergine Maria. La sfogliatella passa, così, dai riti orgiastici alle celle claustrali dei monasteri napoletani.

Essa si sviluppa e si ingravida di ingredienti perdendo il sapore iniziale, ma non la forma. Il simbolo della fertilità resta inalterato. Per secoli rimane un segreto inviolato di un prestigioso convento: Croce di Lucca, nel cuore di Napoli.

Fino a quando nel 1624 le principesse di Cellammare, novizie, svelano uno dei segreti meglio custodito. Fu un atto talmente grave da indurre la priora ad inviare una lettera estremamente severa al principe di Cellammare per il segreto violato.

Le principesse durante una delle visite delle loro amiche avevano infranto il segreto, fino ad allora inviolato. In un batter d’occhio quel segreto varcò la soglia di altri monasteri fino ad arrivare a quello di Santa Rosa sulla costiera amalfitana. Ma, alla versione originaria, viene aggiunta la crema e l’amarena e le viene dato il nome di Santa Rosa. Ma anche dal convento di Santa Rosa il segreto non dura a lungo,al punto da arrivare all’orecchio di un pasticciere di Napoli, Pasquale Pintauro. Il quale elimina la crema e l’amarena, e le ridà la forma originaria tramandata da millenni e custodita nel convento Croce di Lucca.

Fu un boom senza eguali. I riconoscimenti non si contano. Uno dei più ambiti fu quello di farsi assegnare un palco personale al Teatro San Carlo, da Barbaia direttore del teatro. Dopo qualche anno, Pintauro creò una variante della sfogliatella e nacque la frolla. Ed infine, un nuovo dolce: la zeppola di San Giuseppe…ma questa è un’altra storia.
Annamaria Pisapia


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