«Non c’è un mese in tutto l’anno in cui la natura si adorni di più bella veste come nel mese di Agosto», diceva Charles Dickens. Ed è per questo che si tinge di malinconia, ogni qualvolta tendiamo il saluto a tutti quei cari amici solleciti alle partenze: lo sapeva benissimo pure l’allievo del Rubens, ovvero J. von Sandrart, in un quadro del 1642, dedicato appunto a questa mensilità, solitaria di attese tra le rughe preziose di un uomo immortalato in mezzo a campi orfani di “Prossimo”, cui ci si approssimerà, però, per il nuovo anno, solo con un tantino di pazienza!
A tratti il pio vecchiarello sembra parlarci con le parole di Roberto Saviano: «Agosto non è crudele. È feroce. Si presenta come un mese del passato e ti costringe a ricordare. Ferocemente smette di essere tutto ciò che era. Aspettavo agosto tutto l’anno da bambino. La sensazione che la vita vera fosse agosto. L’attesa dell’agosto più bella dell’agosto persino. Ora arriva e raccoglie esattamente le briciole dell’intero anno». Fortunatamente la ciclicità della natura tende a smussare ogni mestizia col balsamo terapeutico delle stagioni che passano: le suggestioni di settembre, la dolce quiete dei colori autunnali, il riposo presepale di fine anno, la rifioritura dei colori daranno sentimento all’attesa dei futuri rincontri. Non c’è bellezza senza nutrimento: la linfa vien fuori dalla capacità quotidiana di darsi tempo. Ecco perché il quadro è loquace nel suo silenzio, tutto teso, dipoi, in un abbraccio di spighe, senza essere spigoloso: in un domani più allargato saremo nuovamente a chiacchierare sotto la volta calda della Riviera dei tramonti agostani.
Prof. Francesco Polopoli