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28 giugno 2023

BLOG-le firme di Reportage

LITWEB. «Un minuto di silenzio. Il Mediterraneo, Braudel e il naufragio dei popoli» di Ippolita Luzzo


Un pezzo di Ippolita Luzzo del 2021 “Un minuto di silenzio” all’indomani della lectio magistralis “Mediterraneo: mito o realtà” tenuta dal prof. Benigno a conclusione del Festival Trame.   

Storia e popoli, un grande cimitero il mar Mediterraneo. Un mondo pieno di traffici, di tensioni e scambi, secondo Braudel, viveva sulle rive del Mar Mediterraneo. Seguendo il suo metodo cercherò di guardare in tre momenti diversi: la storia lenta, la storia ritmata e la storia secondo la dimensione dell’individuo.

Accrescere informazione significa spostare e rompere i vecchi problemi, incontrarne nuovi dalle soluzioni incerte. «Il Mediterraneo è duplice. Le due scene, le penisole e il mare che le bagna, fanno di questo mare un complesso di mari» dice Braudel nel suo «Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II». Una tomba, uno sterminato inferno dove i pescecani mangiano uomini che scappano da luoghi altrettanto miseri e violenti. Mi sforzo di guardare alla storia lenta, quasi immobile, di lunghi imperi e dominanze, mi sforzo di leggere gli altrettanti avvenimenti ritmici di una storia veloce fatta di sommovimenti e cambi, ed infine mi ritrovo con in mano solo una pagina con su scritto il destino individuale di un’infinità di persone naufragate in mare.

Un naufragio di popoli, di civiltà e di imperi. Se leggiamo questi due volumi che Braudel dedica al nostro Mediterraneo forse nessuno poi troverà ardire a fare post di qualsivoglia specie su questo continuo flusso di morti e di arrivi, di invasioni e di fughe, in una guerra senza fine che ci vedrà sconfitti, insieme. Nella storia di sempre, nel Mediterraneo, in cui sulle stesse sponde popoli greci furono trucidati a Cipro e uccisi a Tessalonica, in cui albanesi si sfracellavano sulle coste dell’Adriatico, ora leggiamo queste pagine di una guerra fatta a colpi di annegati. La guerra, non riconosciuta, di annegati contro un’Italia isolata e scomposta.

PERCHE’ SALIAMO SU UNA BARCA di Awas Ahmed
A chi chiede: “Non era meglio rimanere a casa piuttosto che morire in mare?”/rispondo: “Non siamo stupidi, né pazzi. Siamo disperati e perseguitati. /Restare vuol dire morte certa, partire vuol dire morte probabile./Tu che sceglieresti? O meglio cosa sceglieresti per i tuoi figli?”/Due giovani ieri sono stati uccisi a Mogadiscio perché si stavano baciando sotto un albero./Avevano 20 anni. Non festeggeranno altri compleanni. Non si baceranno più./A chi domanda: “Cosa speravate di trovare in Europa? Non c’è lavoro per noi figurarsi per gli altri”,/rispondo: “Cerchiamo salvezza, futuro, cerchiamo di sopravvivere./Non abbiamo colpe se siamo nati dalla parte sbagliata e soprattutto voi non avete alcun merito di essere nati dalla parte giusta”./

E con un poeta somalo trasformiamo un destino di tanti nel nostro destino: la Libia ignora il grido di aiuto e i cadaveri galleggiano nel mar Mediterraneo. Una tomba orribile.

Ippolita Luzzo (articolo già pubblicato su Reportage il 25 aprile 2021)


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