La liquirizia (glycyrrhiza glabra), prodotta per il 75 per cento in Calabria, è conosciuta da tempi antichissimi per le sue eccezionali qualità antivirali e antinfiammatorie.
La liquirizia veniva utilizzata già nell’antico Egitto, in Assiria, in Cina e nell’antica medicina greca mentre in Europa fu introdotta nel XV secolo dai frati domenicani.
In Asia la liquirizia è utilizzata in medicina da circa 5.000 anni ed è tuttora una delle piante più importanti della medicina e della farmacologia cinese per curare la tosse, le malattie del fegato e le intossicazioni alimentari.
La liquirizia si può assumere in vari modi, dall’infuso di radice, allo sciroppo, alle buonissime pastiglie e caramelle a base di estratto.
Aiuta nella cura di tanti disturbi, dai sintomi influenzali a quelli relativi all’apparato gastrointestinale, aerofagia, stitichezza, digestione lenta e anche ulcere gastro-duodenali, in quanto produce addirittura un sottile film protettivo della mucosa gastrica, utile proprio nel caso di ulcere e di uso di farmaci aggressivi.
La radice di liquirizia viene utilizzata anche per il trattamento naturale di allergie, contenendo una serie di principi ad azione antinfiammatoria simile a quella dei glucocorticoidi.
Attenzione però: la liquirizia va assunta in quantità moderata, facendo attenzione a non superare il dosaggio di mezzo grammo al giorno del suo principio attivo, la glicirrizina.
Questa sostanza ha infatti effetti collaterali sull’equilibrio dei sali minerali nel corpo e pertanto un abuso di liquirizia può provocare ritenzione idrica, aumento della pressione, fino all’ipertensione (tramite riassorbimento del sodio, e maggiore escrezione di potassio), gonfiore al viso e alle caviglie, mal di testa e astenia.
Le persone predisposte a ipertensione, ad edemi, i diabetici, le donne in gravidanza o in allattamento, devono evitare l’uso prolungato di estratti di questa pianta in ogni sua forma.
Annamaria Persico