In periodo natalizio sarà capitato a tutti di sentire, il detto napoletano «Mo’ vene Natale, nun tengo denare». Si tratta di un verso di una filastrocca popolare molto antica, ripresa e resa aancora apiù popolare poi da Renato Carosone pronunciata attribuita ai partenopei che si recita per ironizzare su un periodo per molti difficile di mancanza di disponibilità economica per i cenoni, i pranzi e i regali di Natale.
Un ritornello un po’ malinconico, che si intona da Napoli in giù che ci ricorda il Natale “povero” dei nonni, quello dei mandarini e dei fichi secchi come dono, del braciere e del baccalà della Vigilia, ma anche l’artificiosità del Natale consumista degli ultimi decenni.
Ma come nascono questi versi? La prima traccia la ritroviamo ai primi del Novecento nella filastrocca popolare “Nuvena nuvena/ mo vene Natale/ nun tengo denare/ me piglio na pippa/ e mi vaco a cuccà” di cui esiste, e forse è anche anteriore, anche la versione siciliana.
Dall’estro napoletano al genio musicale di Carosone il passo fu breve: nel 1959 «Mo vene Natale» in versione swing con l’accompagnamento della famosa orchestra divenne l’inno del Natale al Sud. E ancora adesso noi tutti, soprattutto in questo tempo di pandemia, ci sorprendiamo a cantarla…
Annamaria Persico