di Francesco Gaspare La Scala
Le passeggiate scolastiche guidate dal professor Borrello credo abbiano reso felici ed incorreggibilmente curiose folte schiere di alunni delle nostre elementari. Lui amava spiegare e raccontare fatti antichi ai suoi ragazzi con le “zanelle arripizzati ” e, in tanti, anche scalzi.
Loro gli saltellavano intorno ponendo mille domande diverse e cercavano di catturarne l’ attenzione con un coro trafelato di: “Prufhissù, prufhissù!”
Ricevevano risposte con sorrisi che abbracciavano, quegli scolari! E quei sorrisi mi sembrava che celassero un prezioso segreto da comunicare. Un segreto per i suoi alunni, non per me, pensavo adombrandomi.
Osservavo , con una punta di invidia, questa indimenticabile scena nei pressi di Caronte, negli anni 50, anch’io scolaretto trasognato in passeggiata con il mio maestro, in una limpida mattinata di primavera.
A distanza di un cinquantennio dalla scomparsa del prof. Enrico Borrello ( 20/12/1968), questo fotogramma, che conservo ancora gelosamente fra i miei ricordi più cari, rende di Lui l’immagine più genuina e vera. La più amata, credo, da noi sambiasini.
Una intera vita, tuttavia la Sua, dedicata con intensa passione , oltre che all’insegnamento, anche alle ricerche sulla storia del nostro territorio, alla stesura di numerosi testi ed articoli che hanno ricostruito, in più punti importanti, il nostro antico retaggio greco-romano e fatto luce sui successivi periodi , da quello bizantino al normanno, fino al Risorgimento e all’Unificazione.
Non di meno, con la Sua attenta e produttiva partecipazione al dibattito culturale del tempo come giornalista, come esperto archeologo, intenditore di arte e sensibile antropologo ha dato un contributo inestimabile alla valorizzazione dell’immagine del comprensorio lametino e di tutta la Calabria.
Le numerose medaglie e i prestigiosi riconoscimenti da Lui ricevuti testimoniano il corale apprezzamento della Sua opera e del Suo impegno.
Credo, però, che il merito più grande del nostro prof. Enrico Borrello rimanga ancora racchiuso in quel suo sorriso ampio e misterioso che riservava ai suoi alunni e che, oggi, abbiamo il dovere di tentare di decifrare. La consueta retorica locale appagata e assopita non ha mai prestato attenzione a questo rilevante aspetto umano e sapienziale del nostro Professore.
Un sorriso ampio e sereno nasconde sempre una consapevolezza di chi sorride, che resta , però,un mistero per gli altri.
La Sua consapevolezza e la Sua serena forza, si può supporre, fossero contenute nella comprensione profonda dei legami tra uomo e luogo che lo accoglie e dei mutamenti reciproci che avvengono tra di essi nel tempo rendendo uomo e luogo un “unicum” indifferenziabile.
Nei millenni abbiamo perso il senso di questa profonda identità, ci dice il Professore con il suo sorriso:” Occorre recuperarla” . ” Esserci” in un luogo significa diventare parte integrante del “genius loci” di quel territorio, esserne l’anima , così come “il tuo territorio ti entra nell’anima”. Credo che il nostro Professore abbia compreso ed incarnato questo concetto ancor prima ed indipendentemente da Heidegger e ne abbia fatto il suo ” concetto guida” da inculcare a noi.
Un insegnamento, questo, di immenso valore, che spiega il senso del Suo dedicarsi, “prendersi cura” del proprio territorio, della sua storia, dei suoi figli, con umiltà, con determinazione, con lealtà ed onestà, ciò che , in sostanza, per Lui significava specularmente “prendersi cura di se stesso”.
Questo il valore reale della Sua fine didattica ” prendersi cura del proprio territorio è prendersi cura di se stessi”.
In pochi hanno compreso questo Suo intimo modo di essere e, a distanza di 50 anni dalla Sua scomparsa, ci ritroviamo in una Lamezia che disconosce l’identità uomo/territorio e si dibatte da decenni in un fallimento ascrivibile ad una politica di insipida e povera omologazione culturale e di dileggio ambientale attuata da una stolta regìa priva di qualsiasi sensibilità civile e sociale.
Oggi, più che mai, avremmo bisogno di uomini come Lui che sappiano trasmettere con un sorriso valori così essenziali e che portino avanti con modestia quell’intenso dialogo da Lui instaurato con i classici greci e romani, con il Rohlfs, con il Lenormant e con gli spiriti antichi della nostra Piana, dei nostri Monti, del nostro Istmo.
In omaggio al nostro Professore impariamo, quindi, a sorridere a noi stessi.