Il giornalista Rosario Arcuri, ideatore, editore e direttore di reportage
17 luglio 2016
Il giornalista Rosario Arcuri, ideatore, editore e direttore di reportage

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REPORTAGE STORY/ Dagli anni di piombo all’era digitale (1)


Ho avuto il privilegio di assistere da vicino, molto da vicino, alla nascita di questo giornale. Correva l’anno 1962. Era la festività di Santa Lucia.

Il primo numero, stampato a Nicastro nella Tipografia di Federico Gigliotti, ubicata in Viale Stazione (oggi Corso G. Nicotera), era in formato «lenzuolo». Le pagine, erano soltanto sei ed ovviamente era composto a «caldo»: cantava la linotype e il proto magicamente estraeva dalle casse i caratteri mobili per formare i titoli.

Gli «anni di piombo» per reportage durarono fino al 1985. L’anno prima, intanto, la periodicità, da mensile era diventata quindicinale.

Ma prima di arrivare alla composizione a «freddo», cioè a dire alla fotocomposizione, il nostro giornale fu stampato in diverse tipografie sparse nella Calabria Ultra ed in quella Citra: ricordo la FATA a Catanzaro, la Frama Sud a Chiaravalle Centrale, la MIT e la Neografi a Cosenza ed infine la Rubbettino a Soveria Mannelli, dove approdò nel gennaio del 1979.

Il giornale di Rosario Arcuri cambiò diverse volte il formato delle pagine, passando dal «lenzuolo» al tabloid, ma mai la propria linea editoriale improntata sempre alla massima apertura verso le opinioni e le convinzioni politiche di tutti.

Sulle sue colonne apparvero le firme di giornalisti e scrittori affermati assieme a quelle di giovani di belle speranze. Oggi, molte di quelle persone sono passate a miglior vita; altre alla concorrenza; altre ancora hanno abbandonato la penna, solo in poche continuano a scrivere per il nostro giornale.

Negli anni Settanta, il nostro giornale si stampava a Cosenza. Prima alla Tipografia MIT in Piazza Medaglie d’Oro e poi alla Neografi di Via Macallè, una traversa del centralissimo Corso Mazzini.

Con Rosario si partiva di buon’ora, a bordo di una velocissima Gt Alfa Romeo. Spesso prima d’imboccare l’autostrada, ci si fermava alla Zincografia Forestieri a Sant’Eufemia Lamezia per ritirare dei cliché.

Alla Neografi non possedevano una linotype, per cui la composizione delle righe di piombo era affidata ad una piccola ditta di Laurignano, diretta da Benito Patitucci, definito il «principe della linotype», per la velocità e la correttezza nella composizione.

«Benito non sbaglia mai», sosteneva il proto della Neografi, Peppino Greco, un simpaticone con dei baffoni libidinosi che allestiva con estrema perizia sul bancone le grandi pagine di reportage e poi ne tirava le bozze, fumanti d’inchiostro, per la correzione di testi e titoli (composti a mano).

In verità il raffinato Patitucci che, nelle pause dal lavoro, scriveva poesie, non aveva rivali a Cosenza, a parte il giovanissimo linotipista siciliano Pippo Tomeo che all’epoca lavorava alla MIT e che avrei poi ritrovato dieci anni dopo alla Rubbettino di Soveria Mannelli.
Federico Arcuri
(1-continua)
Questo articolo è già apparso, con piccolissime variazioni, sui numeri 1 e 6/2012 di reportage


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