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16 luglio 2020

News

ROVISTANDO NEI CASSETTI di Fiore Isabella «TRA SOGNI SVANITI E SOGNI DA REALIZZARE»


Oggi, più tonico dei giorni passati, ho ripreso a rovistare nei cassetti sfogliando vecchi appunti; un modo come un altro per cercare nelle recenti e remote esperienze le chiavi di lettura del presente e per capire verso quale tipo di mondo stiamo andando.

La Scuola, i cui temi hanno occupato parte consistente del mio quotidiano vivere, la trovo riflessa nei contenitori di cartone o richiamata dagli angoli più riposti della memoria ram, come una cartina di tornasole di questo mondo che, anche per recenti responsabilità di un intruso (un virus sconosciuto), ha ridisegnato i parametri che sottendono alla formazione delle generazioni che verranno; per fare un esempio, forse quello più scontato, la “socializzazione delle competenze” sarà sostituita, per ragioni di sociometria sanitaria, in “distanziamento delle competenze” , con drastico spopolamento di ogni barlume di condivisione , anche a prescindere dall’improbabile crollo del mito dell’individualismo.

Ma le ragioni dello spopolamento non riguardano soltanto i presupposti delle relazioni all’interno delle strutture formative in balia dei distanziamenti forzati , a cui difficilmente si potrà dare dignità metodologica; riguardano lo spopolamento registrato nelle aree interne del Lametino e di quelle immediatamente limitrofe a ridosso dei monti Mancuso e Reventino, dove dimorano i detriti di un sogno svanito ( consolidamento delle strutture scolastiche) di un insegnante che si era illuso che la politica avesse la lungimiranza per costruire, in punti baricentrici , una sorta di Città del Sole, punto di riferimento sociale, economico e culturale in alternativa ad una inarrestabile diaspora e al dissesto idrogeologico dei luoghi.

Mi soccorrono dei dati da me raccolti e custoditi in fogli un po’ ingialliti accanto ad altri delle stesse dimensioni ma sensibilmente più spessi che avvolgono, in un abbraccio funzionale, la tavoletta scanalata, il righello e il punteruolo che hanno accompagnato il mio approccio all’alfabeto Braille. Era l’anno scolastico 1995-96 e 6 edifici nelle 6 frazioni più popolose ( Caronte, Acquafredda, Gabella, Acuadauzano e Bucolia/Piano Luppino) ospitavano ancora, per un totale di 196 alunni, 84 bambini di scuola materna e 112 alunni di scuola elementare. Un piccolo mondo di umane sensibilità le cui radici avrebbero meritato diverso destino, così come i sei edifici con falde a spiovente che oggi fanno capolino tra i rovi sconnessi e i ferri arrugginiti di ciò che rimane delle vecchie pensiline.

In fondo al cassetto, dei fogli sparsi con la scaletta dei contenuti dei miei interventi, anteriori al 1990, nella commissione comunale su scuola e cultura, nel mio sindacato e nelle assemblee di quartiere durante le indimenticabili sedute dei consigli di Circoscrizione nelle frazioni dell’ex comune di Sambiase, quando ancora eravamo convinti che si potessero cavalcare i sogni nelle vergini, rimaste tali, praterie del decentramento amministrativo. Individuate le aree baricentriche sui versanti collinari e montani, puntualmente registrati sulla lavagna cominciavo a descrivere la struttura polifunzionale con indicazione degli accessi dagli agglomerati esistenti.

Collocavo al centro l’edificio scolastico consolidato con laboratori scientifici, sale video e di informatica , spazio per attività teatrali, palestra coperta e aule didattiche rispettose delle volumetrie pro-capite e idonee a favorire aggregazioni funzionali all’apprendimento cooperativo. All’esterno, campetti per la pratica sportiva a beneficio dell’intera comunità, l’ufficio per la delegazione comunale, per le poste e per la guardia medica come servizio di primo soccorso. Mi rendevo conto che, anche per chi mi ascoltava, l’idea non era del tutto malvagia ma doveva fare i conti con l’obiettivo di riduzione della spesa pubblica, che trovava più economico comprare qualche scuolabus e portare gli alunni nelle scuole del centro urbano, che spendere una lira in una montagna sperduta.

Non ci fu niente da fare e la cosa accomunò tutti compreso gli attori tradizionali dello spreco, votati, per l’occasione, al rispetto della sobrietà. E le preoccupazioni che avevano sostenuto la mia passione , carica certo di utopia ma anche di reali ragioni, non vennero prese in considerazione. Temevo che la chiusura delle scuole periferiche precludesse, di fatto, la presenza dello Stato sul territorio e, per effetto del conseguente spopolamento, l’avvio di una stagione di dissesto idrogeologico di incalcolabili dimensioni.

Non era difficile comprendere che i luoghi abitati sono più protetti e meglio curati e i terreni coltivati ancora con il letame, al riparo dagli invasivi e meno ecologici concimi di sintesi, una risorsa inestimabile. Qualche tempo fa, facendo la mia periodica passeggiata verso San Mazzeo, mi sono soffermato ad osservare la struttura scolastica consolidata di Coscaro. E proprio in quel momento ho recuperato i caratteri del mio sogno svanito, non in un posto situato in capo al mondo ma a pochi chilometri di distanza, quando la strada provinciale imbocca la discesa e si affaccia sul mare.

Quella splendida struttura ha le caratteristiche, se adeguatamente messa in sicurezza e dotata delle misure anticovid, per accogliere, alla grande, i circa 30 alunni tra scuola dell’infanzia e primaria, oggi ospitati in locali inidonei. La riapertura delle scuole è ormai prossima e, sono convinto, che il primo cittadino di Conflenti non tergiverserà un solo attimo per restituire alla comunità di San Mazzeo, e non solo, una bella struttura scolastica polivalente. E, mi sia consentito, ad un vecchio maestro, ormai sull’orlo del disincanto, la gioia di un frammento di sogno realizzato.

E pensando al titolo dell’imminente FESTIVAL DELLE ERRANZE E DELLA FILOXENIA 2020 “Riabi(li)tare i luoghi. Diversamente felici nelle aree interne” di cui parla Francesco Bevilacqua in una sua efficace riflessione, voglio concludere così: senza identità culturale e senza la valorizzazione della scuola, che ne costituisce l’essenza, i luoghi rischiano di perdere senso e i paesaggi , che li assemblano , il dono della bellezza e del colore.

FIORE ISABELLA


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