Oggi 19 marzo è la festa di San Giuseppe e in Italia anche la festa di tutti i papà.
San Giuseppe è una figura molto importante nella Chiesa cattolica: nato dalla stirpe di Davide, di professione falegname, fu lo sposo di Maria e il padre putativo di Gesù, accettando il miracolo del concepimento divino.
Visse a lungo (pare fino a 111 anni) tra Betlemme e Nazareth insieme a Maria e Gesù e dedicò la sua esistenza al lavoro e alla famiglia, proteggendola da ogni pericolo e portandola fino in Egitto per sfuggire dalle persecuzioni di Erode.
Per la Chiesa San Giuseppe è l’Uomo giusto, custos redemptoris, ovvero protettore del redento, colui che, come riportano in maniera ricorrente i Vangeli, prese con sé, cioè «si prende cura» con amore pieno e incondizionato delle persone a lui affidate.
Una figura affascinante e popolare, che nei secoli è diventata simbolo della paternità e della laboriosità.
Il culto di San Giuseppe, che in ebraico significa Dio aggiunga, iniziò in Italia e in tutti i paesi cristiani fin dal Medioevo, grazie ad alcuni monaci benedettini nel 1030, i Servi di Maria nel 1324 e i Francescani dal 1399, e nel scorso dei secoli il papà di Gesù divenne così patrono di molti paesi e città con celebrazioni, feste patronali e fiere a lui dedicate. Giuseppe e Giuseppina diventarono nomi tra i più diffusi soprattutto nel Centro e nel Sud Italia.
Ancora adesso il 19 marzo in Calabria e in molte regioni meridionali avviene la distribuzione pubblica di cibo o si imbandiscono per le strade o altri luoghi pubblici i pranzi comunitari, rituale chiamato “u cumbitu” (il convito) o anche tavola di San Giuseppe in cui si prepara e si serve una gran quantità di pasta e ceci e altri piatti. Se non si organizza “u cumbitu”, più semplicemente si preparano con cura lagane e ciciari per gustarli insieme a parenti e amici in onore di San Giuseppe. La famosa Cicerata di Maida anche se nel tempo è stata spostata al 2 aprile, deriva da questa bellissima tradizione e viene celebrata dalla comunità intera in festa.
Ma perché queste tradizioni legate al cibo e ai legumi proprio nel giorno di San Giuseppe?
La scelta del 19 marzo deriva sicuramente dai riti pagani di primavera e di purificazione agraria. Si tratta a tutti gli effetti della vigilia dell’equinozio di primavera, giorni e notti in cui anticamente si svolgevano i baccanali, i riti dionisiaci volti alla propiziazione della fertilità e i riti propiziatori di purificazione agraria che si svolgevano il 17 marzo, quando la popolazione festeggiava la fine dell’inverno.
Tracce del legame della festa di San Giuseppe con i culti pagani e con i riti agricoli si ritrovano nella tradizione dei falò, ancora in uso in molte regioni italiane, in cui si usa bruciare i residui del raccolto dell’anno precedente e nel consumare i legumi, simbolo di abbondanza.
Su queste celebrazioni agrarie, dal quindicesimo secolo in poi si innestò la celebrazione cristiana di San Giuseppe, padre di Gesù, l’umile falegname più volte in fuga, perseguitato e respinto, eletto protettore degli artigiani e dei poveri.
Il 19 marzo diventò così la giornata dedicata anche ai poveri e ai viandanti, durante la quale le famiglie comunitariamente preparavano da mangiare e invitavano i più derelitti, tradizione che si perpetuò nei secoli per arrivare fino al 1968, quando diventò anche la festa laica del papà.
Annamaria Persico (articolo già pubblicato il 18 marzo 2018)