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18 dicembre 2018

News

Un bilancio approssimativo di Lamezia Terme dopo 50 anni di vita


di Giuseppe Sestito

Mentre cercavo di raccogliere idee e dati per formulare un bilancio di Lamezia Terme dopo 50 anni dalla sua creazione, mi sono accorto come la ricostruzione storica della vita della città riveli che il piatto della bilancia con gli eventi che ne hanno ostacolato il cammino e le hanno arrecato danno sia più colmo di quello delle realizzazioni positive. Insomma, purtroppo per noi lametini, il bilancio di questi 50 anni si chiude, a mio avviso, in rosso……..
Una lunga lista di problemi irrisolti, che la città si trascina da tempo; alcuni si essi, tra i più importanti, persino dagli anni immediatamente successivi alla sua creazione. Questa improvvisa presa di coscienza può stupire l’inconsapevole cittadino, soprattutto se egli riflette sull’ormai lungo cammino percorso da Lamezia.

Un aspetto certamente positivo è stato finora l’andamento demografico, ossia la crescita della popolazione nell’arco dei 50 anni. Nel 1968, al momento della creazione della città, la popolazione ammontava a 55.672 abitanti; al primo gennaio 2018 la popolazione era cresciuta in valore assoluto, secondo l’Istat, di 15.162 abitanti. Questa crescita demografica equivale ad un incremento percentuale pari al 21,40% ed a 303,24 persone all’anno.

Nel 1968, i maschi di Lamezia erano 27.749 (49,88%) e le femmine 27.963 (50,12%); nel 2018, i maschi erano 34.963 (49,17%), le femmine 36.001 (50, 83%). Nel ‘68 l’universo femminile lametino superava quello maschile dello +0,24%; a distanza di 50 anni la forbice si è allargata e le femmine superano i maschi del +1,66%. Anche perché, i maschi nel 2018 sono diminuiti, passando, in percentuale, dal 49,88% del 1968 al 49,17% del 2018. Le femmine, invece sono aumentate passando dal 49,17% al 50,83%.
Questo notevole incremento della popolazione di Lamezia è tanto più significativo se si considera che, nel medesimo lasso di tempo, la popolazione di Catanzaro, Capoluogo di provincia e di regione, è aumentata di quasi meno della metà di quella della nostra città (8.164 abitanti) mentre la popolazione della Calabria è drammaticamente diminuita di ben 110.467 unità. La popolazione calabrese che nel 1968 ammontava a 2.067.154, si è ridotta ad 1.956.687 nel 2018. Oltre ad essere, infatti, una regione poco prolifica, la Calabria ha un alto tasso di emigrazione, soprattutto di giovani di ambo i sessi, sia verso le regioni settentrionali che verso l’estero. Questo drenaggio di capitale umano è una perdita inestimabile; costituisce un grave depauperamento per una regione già povera di suo in tutti i settori dell’universo economico, sociale, culturale, civile.

Dal 1968 al 2018, nella città e, quindi, nella diocesi lametina si sono succeduti quattro vescovi: mons. Renato Luisi, mons. Ferdinando Palatucci; mons. Vincenzo Rimedio, mons. Luigi Cantafora. In media, sono stati al governo della vetusta diocesi di Nicastro, prima, e successivamente, fino ai giorni nostri, di Lamezia Terme per 12 anni e 5 mesi ciascuno. Ricordo, con particolare affetto e riconoscenza, per ciò che ha costituito in positivo per Lamezia e per le notevoli doti pastorali, mons. Renato Luisi, un grande vescovo succeduto a mons. Vittorio Moietta. La sua presenza nella città di Nicastro è stata davvero singolare. Nel giugno del 1963, succedette nella sede vescovile a mons. Vittorio Mietta, deceduto il 1° di aprile di quell’anno. Il medesimo anno in cui si tennero le elezioni politiche generali e l’avv. Arturo Perugini fu eletto senatore (insieme al prof. Armando Scarpino, del Pci, eletto alla Camera dei deputati). Il 30 ottobre dello stesso anno l’avvocato nicastrese presentò al Senato della repubblica il disegno di legge per la fusione amministrativa dei tre ex comuni e la creazione di Lamezia Terme. La presenza del Presule pugliese, di Bovino, nella diocesi nicastrese coincise con l’intero periodo di tempo della vicenda della creazione della città, che lui seguì con attenzione ed “amore” particolari fin dal suo insediamento. Al suo intervento risolutivo si deve, tra l’autunno 1967 e l’inverno 1968, l’accelerazione per l’approvazione della legge che trovò compimento il 4 gennaio del ’68, appunto. Nell’agosto del medesimo anno, questo eccellente Vescovo, di cui mi riprometto di scrivere più a lungo nel futuro, partì per il Brasile, come lui aveva chiesto alla Santa Sede da cui ebbe l’autorizzazione di dimettersi da Vescovo della diocesi e partire missionario per il grande paese latino-americano

Molto più turbolento ed accidentato il cammino che la politica ha compiuto in questi 50 anni. Cerco di fare un breve riassunto di come si sono svolte le vicende in quest’arco temporale. Dal 7/8 giugno 1970, quando si tennero le prime consultazioni amministrative della nuova città, al 15 giugno del 2015, quando si sono tenute le ultime, si sono succedute 10 amministrazioni comunali. Di queste ben sette sono terminate prima della loro conclusione naturale perché i loro consigli sono stati sciolti. Dei sette sciolti, tre (1992-2002-2017) lo sono stati, come tutti sanno, per la presenza nel consiglio comunale di persone che sono state elette con l’appoggio della malavita organizzata oppure hanno agito in combutta con ambienti malavitosi, la cui attività criminale è stata portata allo scoperto dalle puntuali ed efficaci indagini delle forze dell’ordine e della magistratura.

Quindi, le amministrazioni che hanno concluso il loro ciclo naturale sono state in tutto sole tre. E tutte e tre di sinistra o centro sinistra. Questo particolare può dispiacere ad alcuni, pochi o molti che siano, ma la realtà è questa. La prima amministrazione Lo Moro (dal 1993 al 1998), nonchè le due amministrazioni Speranza (2015-2010 e 2010-2015). La seconda amministrazione Lo Moro fu sciolta prima della scadenza in seguito alle dimissioni del sindaco, che aveva deciso di presentarsi candidata alle successive elezioni regionali.
Le rimanenti altre tre amministrazioni, a cominciare dalla prima 1970-1975, furono sciolte perché i diversi partiti, presenti in consiglio comunale, si dimostrarono incapaci di lavorare in modo concorde per la città. Litigarono. E, conseguentemente, mandarono a carte quarantotto, prima del termine, le amministrazioni comunali pro-tempore. In effetti, in un clima di rissa continua è sempre difficile combinare qualcosa di buono, soprattutto in una città complessa qual era e rimane Lamezia. Per l’acclarata inettitudine a risolvere i problemi, più o meno urgenti, da quelli di ordinaria amministrazione a quelli strutturali tanto più impegnativi, che la congiuntura politica richiedeva fossero risolti in quel momento, ci si si è rivolti alla gestione straordinaria. I commissari prefettizi, o inviati dal ministero dell’interno, a Lamezia sono, come si è soliti dire, di casa.

Amaramente, bisogna concludere che a Lamezia la stabilità amministrativa è stata finora una lontana, irraggiungibile chimera…una eccezione; mentre la instabilità, certificata dai ripetuti scioglimenti, costituisce la regola.

Sviluppo economico e sociale e correlata creazione di opportunità di lavoro; Piano regolatore generale (PSC); Pagamento equo, ma da parte di tutti, dei tributi; Insediamento dei rom a Scordovillo; Corso Numistrano; Beni culturali, giacimenti archeologici, politiche per un turismo integrato; Terme; Abusivismo edilizio; Qualità e quantità dei servizi intra-comunali; Politiche di accordo e raccordo con i paesi del Lametino e dell’Area dell’Istmo per gestire, insieme ed in rete, tutti i fenomeni di varia natura, soprattutto quelli sopravvenienti , che il progresso oggi, come mai nel passato, così celere e veloce, richiede di gestire e risolvere con rapidità d’intervento e competenza, ecc. ecc…….

I primi cinquant’anni di Lamezia lasciano in eredità agli anni avvenire una serie di problemi sia antichi perché insoluti nel tempo, che una serie di tanti altri che più recentemente si sono affacciati alla ribalta cittadina. Con questi problemi, vecchi e nuovi, le future generazioni che governeranno la città dovranno misurarsi per risolverli e costruire, quanto più sia possibile, una città bella, un luogo di progresso civile, economico, politico; libero da condizionamenti malavitosi e da pratiche servili, clientelari, familistiche e di tante altre dello stesso tipo che, se dovessero persistere, strozzerebbero ulteriormente Lamezia e le impedirebbero di diventare una città moderna. Una città i cui cittadini possano andare orgogliosi di vivere in un contesto ricco di tre millenni di storia e potersi considerare gli eredi dei Lametinoi, una tribù degli Enotri, tra i primi abitatori della Calabria, che, scrive Aristotele: <<…..stanno lì dove scorre il fiume (L)Ameto……>> e della ricca, opulenta, splendida città magnogreca di Terina, le cui monete argentee erano considerate le più belle del mondo greco. Una città, il cui mare del golfo adagiò presso la foce del fiume Ocinaro (= l’odierno Bagni..) una delle tre Sirene – la Ligea – che con il suo canto melodioso, insieme alle altre due, Partenope e Leucotea, aveva cercato di distrarre Ulisse per indurlo a non fare più ritorno nella sua Itaca.

L’elenco dei problemi lametini non si esaurisce con i punti sopra esposti. Potrebbe continuare all’infinito……
E tuttavia, bisogna metterlo bene in evidenza, Lamezia, dal punto di vista culturale, Lamezia è una città vivace. Seconda, per quest’aspetto, in Calabria, forse solo a Cosenza ed al suo hinterland. Ma nel territorio dell’ ex Capitale dei Brettii opera una Università che è centro di irradiazione di innovazione, cultura, insegnamenti, ricerca, saperi. Lamezia non possiede una struttura simile; ma nonostante questo limite varie associazioni, giovanili soprattutto, vanno sempre più nascendo e crescendo di numero e qualità e, con esse, viene creata e proposta al pubblico tutta una serie di attività culturali, con le quali si tenta di incidere in senso progressivo e moderno nella mentalità generale. Dai giovani, da queste associazioni da essi create e dalle variegate attività messe in campo, è necessario ripartire, armati più che altro dall’ottimismo della volontà, per sperare in un futuro di vita migliore, nei prossimi cinquanta anni, di quello vissuto dalle generazioni che l’hanno abitata in questi primi cinquanta che, fra alcuni giorni, ci saremo lasciati alle spalle.


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