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15 luglio 2017

Storia, miti e leggende della Calabria e del Sud

Zungri, la meraviglia della città di pietra


Situata nel cuore del Monte Poro, affacciata sulla Costa degli Dei e distante pochi chilometri da Tropea e Pizzo Calabro, Zungri conserva uno dei grandi tesori archeologici della Calabria, l’Insediamento Rupestre detto degli Sbariati.

Il sito forse è opera di popolazioni ortodosse che a partire dal VI secolo sfuggivano alle persecuzioni arabe ed iconoclaste a cui erano sottoposte nelle loro terre di provenienza, rifugiandosi nel meridione d’Italia. Da qui in nome Sbariati ossia sbandati.

Giunti a Zungri, si percorre un sentiero a ridosso del centro storico che si affaccia su di una straordinaria vallata da dove si scorge il mare. E ad un tratto lo scenario cambia. Ciò che appare agli occhi del visitatore è inimmaginabile.

La sensazione che si prova è di immenso stupore. In punta di piedi ed in religioso silenzio ci si immerge in un’altra dimensione.
Il nucleo centrale dell’insediamento si sviluppa lungo un’unica direttrice, ma tutto il complesso rupestre, composto da circa 100 grotte o forse molte di più, si articola su una superficie di circa 3000 metri quadri.

Le grotte hanno diverse forme e dimensioni (quadrangolari o circolari) alcune delle quali dotate di copertura a cupola con foro centrale (silos). Esse sono mono o bi-cellulari, articolate su un solo piano o su due livelli, con scale d’accesso scavate nell’arenaria.

Al loro interno gli spazi conservano alcuni elementi, come nicchie o incassi scavati nella parte di arenaria per la sistemazione di mensole, che testimoniano gli usi del vivere quotidiano degli abitanti di questi luoghi. Il sito è dotato di un sistema di canalizzazione per il deflusso dell’acqua nelle vasche di raccolta, elemento indispensabile per la sopravvivenza. L’intero sito è circondato da splendide sorgenti di acqua pura e cristallina.

L’insediamento rupestre degli Sbariati, probabilmente, datato intorno al IX-XII secolo, tendenzialmente è fatto risalire, nel suo insieme, dagli studiosi, all’età medievale sorto su delle preesistenze bizantine. Ciò che oggi sono alcune cupole erano probabilmente dei grandi silos da cui ha avuto origine il sito rupetre.

Visitando le grotte si tocca con mano il silenzio di un luogo un tempo pulsante di vita e con un pizzico di fantasia si possono immaginare gli abitatori delle grotte nelle loro attività quotidiane, nei momenti di culto di ringraziamento al buon Dio per tutto quello che di buono ha offerto.

Non si può fare a meno di pensare a questi uomini che, armati di enorme pazienza, con scalpelli e picconi, scavarono queste grotte per abitarle, per dedicarsi alla pastorizia, all’apicultura, all’agricoltura. Un mondo che sopravvive nell’immaginazione visitando ogni grotta, ogni anfratto. Il contrasto con il nostro vivere quotidiano è forte. La sensazione è di pace assoluta. Tutto viene rivisto come in un film, nell’ammirazione di questo luogo fantastico e magico.

Accanto alla città di pietra valorizzata con accorgimenti mirati e con l’illuminazione artificiale notturna, degno di attenzione è il Museo della Civiltà Rupestre e Contadina. Esso nasce dalla volontà di conservare il ricordo di un mondo rurale purtroppo oggi ormai quasi scomparso.

Questo Museo non è una semplice raccolta di oggetti, ma la rivisitazione di una cultura nel rispetto e nell’esaltazione delle radici umane, storiche e sociali di Zungri. E’ la testimonianza di un mondo contadino scandita dalle varie fasi del lavoro giornaliero che inequivocabilmente intreccia la vita dei campi con la vita domestica, con i mestieri artigiani e con la vita religiosa. E’ il monumento all’oneroso lavoro dei contadini di un tempo che hanno fatto della terra la loro ragione di vita.

L’ubicazione del Museo non è del tutto casuale. E’ situato all’ingresso del viale che porta all’Insediamento. E’ l’anello di congiunzione tra una civiltà che ha fatto propria la cultura del vivere in grotta, di monaci non solo scavatori ma anche contadini, pastori, apicultori, monaci eremiti ma anche molto eruditi che hanno portato in questi luoghi una sapiente cultura che via via hanno trasmesso alle generazioni future.

All’interno del Museo trova collocazione una Mostra di immagini e documenti del terremoto che la notte dell’8 settembre 1905 sconvolse la Calabria centro-meridionale provocando 600 morti e migliaia di feriti. Attraverso le immagini e le cronache della stampa dell’epoca si ricostruiscono i giorni del disastroso terremoto e del post terremoto. Le immagini esposte (da Illustrazione Italiana, Domenica del Corriere, Tribuna illustrata, Il Mattino, L’Ora, La Stampa, etc.) documentano gli effetti devastanti del sisma, i ricoveri provvisori dei terremotati, i primi attendamenti e la costruzione delle baracche, i soccorsi, le iniziative in solidarietà ai terremotati che in forme massicce si organizzarono in tutta Italia.

Immagini che mostrano anche, e per la prima volta, spaccati delle condizioni sociali ed economiche della Calabria d’allora, le abitazioni, i costumi, l’estrema povertà…
Alcuni artisti russi hanno reailizzato gratuitamente un murales sul muro esterno del museo offrendo una visione molto pittoresca della realtà contadina.


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