fotofederico
17 settembre 2018

Reportage libri e dintorni

A Federico: lettera a mio padre


Caro papà,
stavolta ce l’hai giocata veramente sporca, non ci aspettavamo che potessi lasciarci così, una sera di settembre ventosa e piovosa in cui tutto sembrava inverosimile.
Ma partiamo dal principio: chi sta leggendo questa lettera probabilmente sa di chi sto parlando, chi invece ne è inconsapevole verrà a conoscenza di alcune cose che ti riguardano.
Se penso alla tua vita, me la immagino come un giornale, ogni pagina sfogliata mi racconta qualcosa di te.

Penso alla perdita precoce dei tuoi genitori, ai tuoi fratelli Gennaro ed Ezio e a tua sorella Luisa, a tua sorella Maria, donna estremamente intelligente e testarda ma che sapeva amare davvero e come te ha amato poche persone. Penso a tuo fratello Rosario, giornalista e non solo, fondatore di Reportage, testata giornalistica che poi sarebbe diventata la tua vita, la nostra vita. Sai, ora è tarda notte, e mi viene in mente di quando più giovane, stavi fino a tardi a lavorare per cercare di portare a termine l’impaginazione del giornale. Chissà quanti gradi di miopia avrai aggiunto negli anni, che poi questa miopia l’hai trasmessa anche a me, ma questa è un’altra storia.

La costanza e l’impegno erano alcune delle tue doti, (i difetti per ora li tralasciamo tranquillo), insieme alla tua ironia e alla lealtà che ti hanno portato ad essere la persona a cui tutti vogliono bene, e che ora che non ci sei più stanno piangendo tanto.

Sfoglio ancora le pagine e ti vedo fumare le tue tanto amate sigarette al balcone insieme a mamma, fare i tuoi viaggi esclusivamente con il treno, per la troppa paura degli spazi chiusi. Appassionarti di nuovo al calcio per causa mia, scusami se sono nata interista, ma che vuoi, l’hai sempre detto anche tu che siamo sfigati di natura.

Ti vedo ancora passeggiare sul corso, andare a prendere il caffè al Bar Roma e poi il giornale dall’ edicolante Domenico.
Mi hai sempre detto che nella vita a tutto c’è un rimedio, tranne che alla morte. Ed ora che sono qui insieme a mamma e Susanna ad affrontare tutto questo, mi chiedo come fare a trovare l’ennesimo rimedio. Inizialmente pensavo che non ci fosse, poi ho iniziato a guardarmi intorno e mi sono resa conto che ovunque mi giri c’è qualcosa che mi parla di te. Casa nostra è piena di giornali e di libri, lo è sempre stata e sempre lo sarà, c’è ancora la tua tazzina del caffè vicino la macchinetta, e nello studio ci sono i tuoi premi ed il tuo computer. Ho preso dal tuo portafogli la fotografia di Che Guevara, ora la terrò nel mio. Sai Pà, forse un rimedio a tutto questo l’ho trovato, si dice che non si muore mai se si vive nel cuore e nella mente di chi resta, e posso assicurarti che nessuno si dimenticherà di te facilmente.

È difficile lasciarti andare, ma è nella natura dell’uomo credere che si possa sempre resistere a tutto.
Dal 22 Agosto fino a quando ci hai lasciati, la tua non era più vita, e piuttosto che vederti ancora in quel modo, preferisco immaginarti libero come sei sempre stato.
Sei sempre stato libero sì, ma non eri certo una di quelle persone che esternava i propri sentimenti, eri una di quelle che c’era quando doveva esserci, e che dimostrava le emozioni a modo suo. Un po’ come tuo fratello Ezio, che nonostante le sue difficoltà ci è stato sempre vicino, saresti stato molto fiero di lui, insieme ai tuoi nipoti Daniela, Mafalda, Anna, Roberta e Pasqualino.

Insomma quaggiù tutti ti vogliono molto bene, sono sicura che sotto i baffi ti starai facendo delle belle risate guardando tutto ciò che sta accadendo in questi giorni, nel bene e nel male.
A mamma ci penseremo io e Susanna, nonostante lei sia una forza della natura, ma lo faremo lo stesso, se siamo quel che siamo è solo grazie a voi, i nostri più grandi esempi di vita. Mi raccomando non essere troppo cocciuto, ovunque sarai promettimi che mi terrai d’occhio, ne avrò bisogno.
Ci vediamo in qualche bel sogno, grazie di tutto, fai buon viaggio Pà.

Ti voglio bene,
Tua figlia Nicoletta

Nicoletta Arcuri


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