Questa volta non si è salvato per il rotto della cuffia nessuno, nessuna manovra in sinergia tra medici anestesisti e infermieri, nessun bimbo miracolato dalla prontezza e dall’efficacia di interventi più volte narrati.
Ma succede che, in estate, quando tutto è ovunque ai minimi termini come se ci fosse una guerra, dal personale, alla strumentazione e per altre concause, c’è qualcuno che seppur curato in modo del tutto normale e vivendo in Lombardia, la prima regione per qualità della sanità in Italia, vuole ringraziare quanto l’hanno avuta a cura.
Lei è Wilma Trasatti, 64 anni di Milano, in questo momento in vacanza a Cicala, piccolo borgo dell’hinterland pre-silano, dove una caduta accidentale verso la mezzanotte gli procura vaste e profonde ferite oltre che escoriazioni multiple.
Il primo step è dalla guardia medica di Cicala che (sfatando luoghi comuni) non si tira indietro a praticargli le prime suture alle ferite della testa. Poi ulteriori approfondimenti impongono il trasferimento al Pronto Soccorso di Soveria. Qui la signora Trasatti viene sottoposta a ulteriori medicazioni oltre che approfondire con radiografie, Tac, e consulenze in pronto soccorso, soprattutto per avere un quadro d’insieme, clinico, che non lasci dubbi inevasi.
Alla fine, dopo una mattinata trascorsa nella struttura, la signora abbandona l’ospedale tutta incerottata. Fuori ad attenderla suo marito con un barboncino avorio. Ci raggiungono e ci dicono che hanno vissuto questa esperienza in un clima di puntualità, umanità, di calore che mai avrebbero immaginato. Vogliono ringraziare tutti gli operatori, tutta la trafila, dalla guardia medica di Cicala, agli operatori del PS e della radiologia dell’ospedale, noi invece ci chiediamo, cosa si potrebbe ingenerare, ed erogare all’utenza con quel qualcosa in più che da anni chiediamo e che la politica ha ridotto ai minimi termini.
Antonio Maida
presidente del Comitato Pro Ospedale del Reventino