Sanremo 2025 tra nuove proposte e Damiano David, il film della seconda serata
13 febbraio 2025

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GIUDIZI UNIVERSALI 5.05. «SANREMO 75, il ritorno dell’Ancien Règime» di Gianlorenzo Franzì


Ecumenico.

È questo il termine che più aderisce allo stile di conduzione che Carlo Conti ha scelto per il suo secondo mandato come direttore artistico del Festival di Sanremo.

Perché se per la Treccani ecumenico vuol dire universale, la prima serata dell’edizione numero 75 ha cercato di avere un tono che potesse piacere a tutti: ma si sa, per piacere a tutti, non devi dispiacere a nessuno. A cascata, se oggi non vuoi dispiacere a nessuno devi stare zitto (e forse neanche questo basta).

La presenza di Gerry Scotti e Antonella Clerici come co-conduttori ha accentuato questa sensazione.

 

La compostezza della gallina

Lui è quello zio che vediamo poco ma con cui sembriamo avere molta confidenza perché lui è simpatico e affabile, non dice parolacce e non ti insulta mai se non per scherzarci amabilmente su.

Lei è la zia che ammiriamo di nascosto, quella che tutti prendono in giro e lei accetta tutto con un sorriso ma ogni tanto ci tiene a far capire che non è che è stupida, ma solo così più intelligente da non rispondere alle offese e passare oltre con un sorriso.

Tutti e due padroni del palco e mai esagerati, mai ingombranti, tanto che viene spontaneo chiedersi perché non ci sono loro due al posto di Carlo Conti, che al contrario non rinuncia alle sue iperboli a volte fastidiose (due o tre delle sue amate standing ovation le ha nominate): tutti e due felici di essere dove erano, composti, ben educati.

Non sono stati zitti, ovviamente, come non lo è stato Conti; ma non hanno mai aperto bocca per dire qualcosa che fosse fuori posto, sopra le righe, passabile di più interpretazioni.

Non che questo sia un male, assolutamente: forse è la risposta diretta ai festival degli scorsi anni, quando il palco dell’Ariston diventava un palco per chiunque avesse qualcosa da dire (almeno secondo lui), o forse come dicono alcuni è il risultato di “TeleMeloni”.

Anche il celebre, amatissimo DopoFestival è stato affidato ad Alessandro Cattelan. Che ormai ha fatto il suo, e che però si porta dietro la fama di essere graffiante ma solo per chi lo ricorda dieci anni fa. Funziona però bene la coppia con Selvaggia Lucarelli, che fa raggiungere 2.360.000 spettatori con il 54.93% di share.

Però decidetevi: volete qualcosa di fracassone, colorato, eccessivo, o volete un programma pacato, che non dà fastidio… che alla fine mette al centro le canzoni?

Perché questo è stato il risultato della prima serata di Sanremo: le canzoni protagoniste di quattro ore di musica. Ovvero, ciò che fino a 365 giorni fa tutti invocavano, additando Amadeus nel momento in cui le canzoni sembravano un gradevole accidente in mezzo a monologhi, ospitate, guest internazionali.

A questo punto, non è nemmeno un fatto di gusti, ma solo di fazioni o meglio opinioni faziose: volete un Festival della canzone?

 

L’eleganza del riccio

Ecco il Festival della canzone.

Addirittura, a metà serata erano in anticipo di ben 11 minuti sulla scaletta ufficiale.

Insomma, una sorta di “restaurazione” che si è allargata anche allo stile dei cantanti, che nella stragrande maggioranza dei casi (eccetto l’iper-styling dei Coma_Cose, con un make-up oltre e al di là, e il gratuito nude look di Rkomi e Irama) hanno optato per abiti classici acconciature retrò.

Elodie, Giorgia e Rose Villain hanno spinto l’acceleratore sul glamour; Noemi e Clara, passando per Francesca Michielin e Joan Thiele, si sono aperte al finish metallico con silhouette da diva e trasparenze; oro e argento sono state le parole d’ordine per Antonella Clerici e Clara; Brunori ha invece scelto un sobrio smoking con tanto di papillon, ricordando sottilmente Domenico Modugno.

In tutto questo, il pubblico almeno per adesso ha premiato la scelta: vuoi per la curiosità, vuoi perché ormai Sanremo è un rito collettivo a cui nessuno può sottrarsi, lo share è stato altissimo sfiorando il 65%, con 12,6 milioni di spettatori, due milioni in più rispetto all’apertura del 2024.

Senza dubbio, la prima serata ha dato l’impressione di uno spettacolo elegante, veloce, musicale.

Che non è poco, specialmente considerando che proprio Carlo Conti non è mai stato un campione di raffinatezza. Forse di buonsenso, però si: basta la risposta alla domanda, in conferenza stampa, “sei antifascista?” ha risposto senza pensarci “Si. Che problema c’è? Siamo nel 2025, la ritengo una domanda anacronistica. Mi preoccupano più altre cose: l’intelligenza artificiale, i satelliti...”.

Niente che sviasse l’attenzione in maniera radicale, e addirittura quasi zero polemiche. Si sa, il glamour di Sanremo si basa da anni anche sul gossip, sul vociare tutto intorno: quest’anno c’è un silenzio morigerato, rotto solo dalla polemica un po’ pretestuosa che ha creato un “caso” sugli undici autori per il 67% delle canzoni in gara.

 

Il giallo del bidone giallo

Al di là del clamore della notizia, a bocce ferme -cosa rara, però, a Sanremo-, si potrebbe anche riflettere su questo dato su cui tutti sembrano avere avuto qualcosa da dire.

Ma dov’è il problema? Anzi, dov’è il caso? Chi scrive canzoni lo fa necessariamente per più committenti, e questo non da ora, ma sempre.

Nel 2021 Dardust firmava cinque brani in gara; nel 2022 Alessandro La Cava ne aveva scritti quattro. Certo, il rischio omologazione esiste: ma prima di tutto, va detto che chi scrive per mestiere si adatta all’interprete, e poi non è certo una tendenza di questo 2025.

Perché è il mercato musicale (e quindi il problema sta ben a monte) ad aver portato a questo collasso autoriale, dovuto ad un conformismo musicale che si è ingigantito quando la musica è diventata liquida, affidata alle piattaforme.

Prima di arrabbiarsi e sbraitare contro i mulini a vento, vediamo un po’ di nomi.

20 delle 30 canzoni sono scritte dagli stessi 11 nomi. Federica Abbate ha firmato sette brani (Febbre di Clara, Fuorilegge di Rose Villain, Battito di Fedez, Anema e core di Serena Brancale, Eco di Thiele, Amarcord di Sarah Toscano); Davide Simonetta ne ha cinque (Viva la vita di Francesco Gabbani, Incoscienti giovani di Achille Lauro, Dimenticarsi alle 7 di Elodie, Fango in paradiso di Francesca Michielin, Mille vote ancora di Rocco Hunt); Davide Petrella e Jacopo Ettore (Tu con chi fai l’amore dei The Kolors, Chiamo io chiami tu di Gaia, Damm’na mano di Tony Effe, coautore di Dimenticarsi alle 7); Blanco con “solo” tre brani (Noemi, Giorgia e Irama).

Soprattutto alla luce dei titoli: qualcuno pensava che invitando Gaia o Achille Lauro o Francesco Gabbani al Festival ci si potesse aspettare qualcosa che non fosse un brano conformista?

Se si vuole un Festival aderente alla realtà musicale di oggi, che quindi possa avere un appeal con i più giovani, si potevano evitare nomi come Elodie, Fedez o The Kolors? E da loro cosa è sempre venuto, se non musica particolarmente mainstream?

Al contrario, Ranieri, Cristicchi, Brunori, Lucio Corsi, Willie Peyote o al limite anche Marcella Bella: la componente cantautoriale è ben nutrita, per chi vuole discostarsi dal fondo del barile.

Insomma, dati alla mano, il caso non c’è.

 

Vincitori e vinti

E visto che questo Festival n.75 verrà ricordato come l’anno del ritorno dell’Ancien Régime, chiudiamo con le prime avvisaglie di podio.

Nella cinquina della prima serata (in rigoroso ordine sparso, anche questo un dato significativo per non voler scontentare nessuno) uscita fuori dalle votazioni della giuria della sala stampa del web: Brunori Sas, Giorgia, Lucio Corsi, Achille Lauro, Simone Cristicchi.

In quella invece della seconda serata, votata dalla giuria delle radio insieme al televoto: Giorgia, Simone Cristicchi, Fedez, Achille Lauro, Lucio Corsi.

Non si può fare a meno di notare che non appena entra il gradimento del pubblico, lo stesso pubblico anestetizzato di cui sopra che non riesce più ad avere un metro di giudizio, né un senso estetico o musicale, ecco che irrompe Fedez, la falena, che questa volta non potendo copiare la canzone ha copiato l’idea delle lentine colorate di nero per gli occhi a Wes Borland dei Limp Bizkit.

 

 

 


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