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28 gennaio 2025

News

Internati Militari Italiani: medaglia d’onore al calabrese Pietro Pasquale De Simone, Carabiniere Reale, conferita a Como


Il nipote Pasquale De Simone, brigadiere dei Carabinieri in servizio a Como, ha ritirato l’onorificenza   

È noto che la Storia ufficiale, sui libri, la scrivano gli eserciti dei vincitori, ma la Storia vera di un esercito di 650mila uomini, catturati e deportati durante la notte dell’8 settembre 1943, la stanno riportando alla luce i figli e i nipoti di quei soldati, offesi e dimenticati durante la Seconda guerra mondiale. Alla firma dell’Armistizio vennero portati via dalle loro caserme per essere caricati su carri bestiame, trasformati in oggetti da privare di ogni dignità e trattenuti, per due anni, in campi di prigionia dall’esercito nazista, per la sola colpa di non aver accettato di rinnegare il giuramento di fedeltà al Re e passare tra le fila delle forze armate naziste e fasciste della nascente Repubblica di Salò. Una scelta ideologica, quella degli Internati Militari italiani, che dimostra che i valori di libertà e giustizia sono innati, insiti nella natura dell’uomo, sono stati soldati ligi al loro dovere fino in fondo, capaci di rifiutare di scendere a compromessi con quel regime che fino ad allora avevano conosciuto, li aveva formati e si era proposto come unico credo. A ottant’anni dalla liberazione dei campi, con questa parte di Storia stiamo iniziando lentamente a fare i conti, a vedere smuoversi qualcosa.

Era necessaria questa premessa per capire in che contesto e che importanza abbia oggi il riconoscimento del valore di quei ragazzi dell’epoca che hanno contribuito, forse anche inconsapevolmente, a rendere l’Italia in cui viviamo e che diamo per scontata una democrazia.

Il 27 gennaio a Como, a ritirare la medaglia d’onore, concessa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il tramite della Prefettura di Como, per uno di quei 650mila uomini, il Carabiniere Reale Pietro Pasquale De Simone – 20.06.1914, Santa Severina (KR) – 19.06.2011, già insignito del diploma d’onore di “Combattente per la libertà d’Italia 1943-1945” concesso in data 3 maggio 2023 dal Ministero della Difesa – è stato il nipote, il Brigadiere Pasquale De Simone, in servizio presso il Comando Stazione di Como. pietro-pasquale-de-simone photo-2025-01-27-13-38-12

Ne diamo notizia per un motivo semplice, semplicissimo: ricostruire la storia di ogni singolo IMI è faticoso, snervante, richiede pazienza e tempo, le ricerche sono non facili dal punto di vista pratico anche per quella burocrazia che spesso è un ostacolo non da poco; ma c’è la motivazione, grandissima, del voler conoscere le proprie radici, il vissuto di un padre, di un nonno che nella maggior parte dei casi si è portato dentro un macigno per cui non è riuscito neanche a parlarne dell’esperienza negli stalag; c’è un senso di giustizia e una memoria personale che incrocia quella collettiva: ricordare il sacrificio di uno, porta inevitabilmente a ricordare quello di un intero esercito. Ecco perché dare spazio a un Internato Militare Italiano, riconoscere l’importanza del suo gesto, significa aprire una breccia nella speranza di altre famiglie di poter colmare una lacuna nel proprio album dei ricordi.

«Nel settembre del 1935, all’età di 21 anni, Pietro Pasquale De Simone venne chiamato alle armi presso il Distretto Miliare di Catanzaro e arruolato nel Reggimento “Savoia Cavalleria” e aggregato, il 18 luglio 1936, alla 7^ Compagnia Sussistenza di Firenze.

Nel settembre 1936, al termine del servizio di Leva, si presentò al distretto militare di Catanzaro per essere messo in congedo, ma il 17 settembre 1940, agli esordi del II° conflitto mondiale che vedrà coinvolta anche l’Italia, venne “richiamato alle armi per esigenze militari di carattere eccezionale” e destinato al “Reggimento Lancieri di Aosta” con sede a Milano – 57° gruppo Appiedato.

De Simone Pietro Pasquale proseguì poi la sua carriera militare nel corpo dei “Carabinieri Reali” partecipando al II° conflitto bellico. Infatti, il 10 luglio 1942 si presentò alla “Legione Carabinieri Reali” di Palermo, dove venne arruolato in qualità di Carabiniere Ausiliario a piedi. Il 10 settembre del 1942, invece, venne trasferito alla Legione CC. RR. di Catanzaro e il mese successivo venne mobilitato e poi assegnato alla 93^ Sezione Carabinieri Reali, inquadrata nella 48^ Divisione “Taro”.

Catturato a Bormes Les Mimosas (Francia) l’8 settembre del 1943, venne deportato in Germania presso il campo di concentramento di Essen, succursale di quello di Buchenwald, e costretto al lavoro coatto in una miniera di carbone di proprietà della Krupp. Il campo di concentramento è rimasto famoso per i lavori massacranti che i prigionieri dovevano sopportare sia nelle miniere di carbone, profonde fino a 2.200 metri, che all’esterno, per le operazioni di trasporto del carbone o nelle fabbriche di armi da guerra. La città di Essen era un importante centro industriale collegato alle famose industrie siderurgiche di proprietà della famiglia Krupp, ove si costruivano le armi da guerra per il regime nazista. Verrà liberato dalle Forze Alleate nella primavera del ‘45 e fece rientro in Italia il 9 ottobre».

Pasquale ha seguito le orme del nonno, come a sua volta il padre. Perpetuano la fedeltà quotidiana ai propri valori di quel ragazzo che da Altilia, piccola frazione di Santa Severina (KR), per amore di Patria, si è ritrovato per due anni a guardare la vita da dietro lo steccato di un campo di prigionia o dalle viscere della terra in una miniera in Germania, e chissà che oggi non possa finalmente sorridere soddisfatto per questa medaglia, che conferma che anche la vita dedicata all’Arma è stata una scelta giusta.

Finisce qui la mia opera di cronista, mi si concedano, però, due righe in qualità di nipote di IMI. Ho conosciuto Pasquale qualche mese dopo l’uscita di “Non muoio neanche se mi ammazzano” (Morrone editore, 2023), in cui ho ricostruito la storia di mio nonno, Vittorio Cuppari. Le storie degli Internati Militari Italiani si somigliano tutte e il confronto, soprattutto durante le ricerche, è fondamentale per non cadere nello sconforto delle risposte che non arrivano, nella rabbia del non aver mai saputo, letto nulla al riguardo, come se mai fosse accaduta una tragedia che, al netto dei numeri e delle proporzioni, ha coinvolto 650mila famiglie italiane. Gioisco con lui oggi perché, nel gioco delle parti, i ricordi mancanti della mia famiglia sono gli stessi della sua, perché nei vuoti documentali Vittorio e Pietro potrebbero essersi incontrati e magari avranno pure fraternizzato come spesso accade fra corregionali. Gioisco con Pasquale perché dal nostro incontro è nata l’idea di un progetto che restituisca alla nostra regione una parte della sua storia, immaginando di dare una risposta ai tanti Vittorio e Pietro che magari si saranno chiesti se un domani qualcuno si sarebbe ricordato del loro sacrificio.

LETIZIA CUZZOLA 


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