Oggi si celebra San Giovanni Battista, unico santo per il quale la chiesa cattolica celebra sia la nascita, il 24 giugno che la morte, il 29 agosto, onore riservato solo alla Beata Vergine Maria e a Gesù Cristo, mentre le chiese d’Oriente ne festeggiano anche il concepimento il 25 settembre.
E’ una festa molto antica, carica di magia e di mistero, di cui parlava già Sant’Agostino intorno al 400 avanti Cristo nei suoi scritti sulla Chiesa africana latina. Alla figura di Giovanni, contemporaneo di Gesù, sono riservate le tre celebrazioni perché fu colui che preparò la via al Redentore istituendo il sacramento del battesimo, che sta ad indicare il fatto che il vero dies natalis deve essere solo quello dell’assunzione in cielo.
Da dire che il Cristianesimo integrò con quella di San Giovanni la festa pagana del solstizio d’estate, la giornata più lunga dell’anno che vede il Sole, simbolo del fuoco divino, entrare nella costellazione del Cancro, simbolo dell’acqua e dominato dalla Luna.
Ogni popolazione in era precristiana in tutti gli angoli della terra festeggiava questa data che era l’inizio del periodo più luminoso e ricco dell’anno, e ciò dava luogo a cerimonie di ringraziamento verso le divinità e a rituali propiziatori e divinatori della nuova stagione.
E’ per questo che sono arrivate fino a noi alcune di queste tradizioni legate alla Luna, perciò all’acqua purificatrice e a San Giovanni Battista e il battesimo, e al Sole, quindi fuoco ed energia, falò e i riti legati alla natura con le sue erbe e piante.
In Calabria nella notte tra il 23 e il 24 giugno era tradizione (soprattutto femminile) raccogliere piante officinali per conservarle e utilizzarle durante l’anno. Usanza che discende direttamente dalla spina solstitialis dei Romani, mazzetti di fiori spinosi ed erbe con cui si chiedeva il favore degli Dei, e forse anche dai riti agrari dedicati a Demetra, diffusissimi da noi in epoca magnogreca.
In genere si raccoglieva lavanda, iperico, melissa, artemisia, rosmarino o altro a seconda del luogo, per farne mazzetti che poi si appendevano dietro la porta della casa e servivano all’occorrenza sia per curare alcuni disturbi che per allontanare il malocchio.
Inviare dei mazzi d’erba e fiori nel giorno di San Giovanni era anche segno di buon augurio e voleva essere un gesto di pace e di fratellanza. Tra donne si diventava cummari ‘i mazzettu, tra famiglie con questo gesto si sceglievano anche i padrini e le madrine di cresima e battesimo per i propri figli, stringendo legami dal vincolo più forte di quello che esisteva fra parenti. Da qui infatti nasce il termine ancora usato in Calabria Sangiuanni, per indicare il comparaggio tra le famiglie per battesimi e cresime.
Il giorno di San Giovanni era anche legato alle pratiche dell’affascinu. In tutti i paesi un tempo c’erano donne, in genere le più anziane, che conoscevano i segreti dell’erba di San Giovanni che si credeva avesse il potere di allontanare i demoni, ma anche di evocarli, potevano insidiare i bambini nelle culle, eccitare l’odio o l’amore, produrre malattie, gettare il malocchio su uomini e animali.
Erano le stesse che affascinavano e sfascinavano (cioè provocavano o allontanavano la sfortuna e le influenze negative recitando alcune formule e praticando rituali in genere utilizzando acqua) e potevano insegnare quest’arte ad altre donne proprio nel giorno di San Giovanni o anche a Natale.
Un altro uso dell’erba di San Giovanni era quella di metterne un pizzico, insieme ad un grano di sale e alla «figurella» del Santo Patrono, nell’abitino, un sacchettino di stoffa che le madri e le cummari confezionavano per i neonati i quali avrebbero dovuto portarlo sempre addosso per allontanare i pericoli e il malocchio.
Ma ci sono tante altre credenze legate al giorno prodigioso di San Giovanni.
La più antica narra che non si può fare il bagno in mare prima del 24 giugno, quando scende dal cielo la trave di fuoco, sulla quale si trovano Erodiade e la figlia Salomè che vagano e si lamentano disperate per la colpa di aver chiesto la morte di San Giovanni Battista.
Gli anziani raccontano anche che quel giorno la sfera solare sia più luminosa del solito e si possa vedere un cerchio di fuoco che gira. Chi, tra le ragazze da marito, riuscirà a vedervi la testa di San Giovanni decapitato, si sposerà entro l’anno.
La divinazione delle nubili avveniva anche attraverso il sistema delle tre fave sbucciate diversamente tra loro, poste dalle ragazze sotto il cuscino, sempre nella notte di San Giovanni.
Il mattino seguente ne veniva scelta una a caso: la buccia intera indicava il matrimonio con un uomo ricco, nel caso di una fava sbucciata a metà una posizione sociale intermedia. Se la preferenza ricadeva su quella senza buccia, meglio cambiare fidanzato o comunque stare attente alla scelta.
Secondo la tradizione inoltre chi nasce in questa notte avrà poteri speciali e sarà protetto dal malocchio e dalle potenze malefiche, è vietato catturare le lucciole perché proprio in quelle ore incarnano le anime vaganti del purgatorio, si può raccogliere la rugiada che nella magica notte acquista poteri miracolosi per curare ogni male, principalmente la sterilità.
A San Giovanni ancora era usanza intrecciare le classiche reste d’aglio, da consumare l’inverno successivo, per tenere lontani gli spiriti maligni, e mangiare le lumache fritte o in umido purché raccolte nella notte, che portano fortuna e felicità coniugale.
Infine si raccoglievano le noci per fare il nocino, ottenuto dall’infusione delle noci non ancora mature nell’alcol, con l’aggiunta di cannella e chiodi di garofano, che fa riacquistare forza nei momenti di necessità grazie all’intercessione di San Giovanni.
Annamaria Persico