di Ippolita Luzzo
Tina Anselmi partigiana durante la seconda guerra mondiale, prima donna ad aver ricoperto la carica di Ministro della Repubblica Italiana, Dicastero del lavoro, nel 1976, e Ministro della sanità (1978/79) ha attraversato ed è stata una delle protagoniste della storia del Novecento.
‘Storia di una passione politica’ (biografia di Tina Anselmi scritta con Anna Vinci – Sperling § Kupfer)) a pagina sei ci porta al centro dell’infanzia di Tina Anselmi, “Nel nostro mondo di bambini con pochissimi giocattoli, la fantasia era la bacchetta magica che trasformava le piccole incombenze quotidiane in occasioni di svago e, così, anche portare a casa il cocomero diventava per noi una festa. La nonna lo tagliava in due parti uguali una per me e una per mio fratello, le poggiava sulle nostre teste, e noi ogni tanto ci fermavamo e ne assaggiavamo un po’ poi riprendevamo il cammino e il succo colava”.
Anna, racconta il tuo incontro con Tina, con la sua infanzia, e la sua adolescenza sulla quale, negli ultimi due anni, hai molto lavorato.
Anna Vinci: «Avendo tanto approfondito la sua vita politica, pur ovvio con delle incursioni nel privato, (anche nel libro ‘La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi Chiarelettere) avevo voglia di tornare indietro. Parlo in particolare degli anni tra il 1935 – Tina è nata nel 1927 – fino al 1944, anno della sua scelta della lotta partigiana. È il tempo della sua formazione e Tina Anselmi era già in fieri nella sua vita di bambina e poi adolescente a Castelfranco, nella sua famiglia, con i suoi amici, a scuola, nello sport, quella che sarebbe diventata e molti di noi hanno avuto la fortuna di conoscere anche se non direttamente. Ribelle, disciplinata, intelligente, curiosa, coraggiosa. Rispettava le regole, ma non accettava le imposizioni legate alla consuetudine, soprattutto quando si trattava della sua libertà di ragazza. La mamma donna di fede, alla quale era profondamente legata, non riuscì mai a ricondurla a dei dettami di ‘compostezza’.
*”[…] La bambina, considerata in famiglia e a scuola molto intelligente, si sentì offesa e tacque. Si piaceva scapigliata. Ed ecco che il padre, raramente in disaccordo con la moglie, si animò nell’ergersi a difensore della curiosità, importantissima nella vita per conoscere e non farsi ingannare. ‘Se si sapesse ciò che sta accadendo… Chi lo sa? Chi vuole sapere!’.
La moglie lo guardò stupita, zia Teresa ne fu sorpresa. La bambina ne fu orgogliosa. Fu solo un momento di baldanza, dopo il padre riprese a parlare con pacatezza. ‘Si sceglie come si può, figlia mia, crescendo lo capiamo tutti, alcuni non demordono, alcuni i più coraggiosi’.
Il padre, che portava sempre con sé la tessera del partito socialista firmata da Matteotti, conosciuto a Castelfranco per le sue idee, subiva le angherie del Regime, ma non varcò mai la linea dell’aperta ribellione.»
Mi piace continuare la mia conversazione con Anna Vinci – biografa ufficiale, amica di Tina Anselmi – ancora immergendoci nell’infanzia di una delle figlie più amate del Veneto che divenne una delle Italiane più amate. Noi, infatti, siamo ciò che assorbiamo dall’infanzia, mi dico sempre, in noi c’è una circolarità alla quale non si sfugge.
Anna Vinci: «Tina bambina “Chiamava corpi senza storia quelli che sembravano destinati ad altri volti e quindi non potevano far parte di una storia compiuta”. Questa capacità di cogliere un che di disarmonico in una persona l’aveva sempre colpita fin da bambina, e traspariva dal volto. Sentiva che c’è un tracciato che ognuno di noi costruisce fin da piccola, andando in tal modo verso la propria storia. Non a tutti è concesso di avere il volto giusto per il proprio nome, il proprio destino.
“[…] le ore possono avere appuntamenti? Sì, incontri con il destino ai quali sono condotti animali e cristiani ignari di ciò che li attende finché non li riconoscono.»
Dalla sua scelta, nel settembre del 1944 della Resistenza, Tina Anselmi non avrebbe mai mancato un appuntamento con il destino Anche a scapito di restare sola, di essere come la chiamavano una mina vagante, ma era anche la donna ponte, colei che come da ragazza amava tradurre il pensiero in azione. Quella statista che nel 1978 realizzò, da Ministro della Sanità, la riforma che attendeva da quattordici anni. Coraggio e onestà e vigilanza alle conquiste ottenute.
Anna Vinci: «Sì, Ippolita, lei ripeteva spesso che ‘Nessuna vittoria è irreversibile, dopo aver vinto, possiamo anche perdere’. E vorrei concludere la nostra chiacchierata con un pensiero di Tina Anselmi che, mai come in questo 25 Aprile 2020, sembra appropriato e un invito a fare e a sperare. ‘La nostra storia ci dovrebbe insegnare che la democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati, attraverso la responsabilità di tutto un popolo. Dovremmo riflettere sul fatto che la democrazia non è solo libere elezioni, non è solo progresso economico. E’ giustizia, è rispetto della dignità umana, dei diritti delle donne. È tranquillità per i vecchi e speranza per i figli. È pace.»
*Questo brano come i seguenti sono tratti dal testo di Anna Vinci ispirato agli anni di formazione di Tina Anselmi, portato a termine nel febbraio del 2020, in pieno Covid 19, e ancora inedito. La ringraziamo per queste anticipazioni.
Ippolita Luzzo