Il matrimonio in Calabria è ancor oggi considerato «il giorno più bello» per una coppia, una grande festa cui invitare amici e parenti di vario grado, un gioioso rituale collettivo al quale tutti si sottopongono volentieri e che si perpetua da generazioni.
La tradizione si perde nella notte dei tempi perché, qui come in tutto in tutto il Meridione, i riti del fidanzamento e del matrimonio sono sempre stati molto importanti e simbolici per le famiglie e per le comunità.
Conferma e dimostrazione dello status sociale e momento di celebrazione e di festa per l’inizio di una nuova vita a due, le nozze segnavano l’ingresso vero e proprio nella società e il ruolo di ognuno all’interno di essa, secondo le regole dell’etica e della morale dell’epoca.
Le grandi feste di oggi, lunghi pranzi, balli e canti compresi, discendono dalle antiche celebrazioni di nozze che venivano organizzate con un certo fasto, da condividere con tutti i membri di ogni grado della famiglia e del paese o città di residenza, per suggellare pubblicamente la sacralità del momento e invocare fortuna e benevolenza divina per la coppia con altrettanta generosità e abbondanza di cibo, di bevande e di doni.
Molti paesi calabresi hanno conservato fino a non molti anni fa costumi di origine greca e romana molto interessanti per quanto riguarda le pratiche e i rituali di nozze, antiche tradizioni che come vedremo sono le antenate di quelle praticate in era contemporanea.
L’abbigliamento anche un tempo era molto importante: gli sposi indossavano il costume popolare, il più bello che potessero avere che poi si conservava per i futuri giorni di festa. Le spose non portavano l’abito bianco, ma indossavano per le nozze il loro abito nuovo ornandolo con abbondanza di nastri e di gioielli. Grande importanza aveva la cintura con cui la sposa legava in vita il grembiule e il nodo con cui lo annodava drappeggiandolo sul fianco sinistro, del tutto simile al nodus herculeus dell’abito nuziale delle spose latine, nodo rituale che veniva sciolto dallo sposo la notte delle nozze.
Per le spose dei paesi di origine albanese, dal costume tradizionale ricchissimo e coloratissimo, la cintura era ed è il principale ornamento, in argento formata da placche unite al centro da una borchia cesellata a mano raffigurante soggetti di carattere religioso, per la maggior parte santi della tradizione orientale, e veniva donata dallo sposo alcuni giorni prima delle nozze. Nella lingua albanese la cintura si chiama brezi che significa generazione, discendenza, a conferma del fatto che la cintura era assunta a simbolo votivo della maternità.
L’usanza più antica riferita ai rituali di nozze è senz’altro quella del matrimonio per ratto, derivata direttamente dal mito di Ade che rapisce Persefone, per i latini Proserpina e Plutone, rivendicazione del diritto della forza, documentata dalle pinakes di Locri, tavolette votive in terracotta su cui è rappresentata la scena.
Del matrimonio per ratto restano solo il ricordo di alcuni gesti simbolici che compiva l’uomo per mostrare, alla comunità e alla famiglia della fanciulla, la sua assoluta seria intenzione di prendere moglie.
Era uso in molti villaggi lo scapillamento, cioè il pretendente si avvicinava alla ragazza nei giorni di festa, all’uscita dalla chiesa e con gesto deciso toglieva dal capo il fazzoletto che le giovani usavano durante la messa, tagliando con un coltello i nastri dell’abito della ragazza, gesto che mostrava inequivocabilmente alla comunità il diritto acquisito sulla promessa sposa, tanto che la fanciulla veniva detta scapigliata o segnata, per indicare l’appartenenza al giovane che aveva compiuto il rituale.
Nelle comunità di origine albanese, compiuta la funzione religiosa, la sposa, attorniata dai suoi familiari, fingeva di non voler seguire il marito, lo sposo cominciava una lotta con i suoi oppositori e venivano intonati dei canti di nozze in onore dello sposo. In alcuni paesi del cosentino la sposa acconciava i capelli fissandoli con uno spillone detto spatina simile alla hasta caelibaris di cui parla Plutarco, simbolo delle nozze compiute con contrasto e lotta.
Anche le dimostrazioni di forza, come ad esempio prendere in braccio la sposa, oltrepassare la soglia di casa e spaccare con l’ascia un ceppo di legno dopo le nozze, derivano da questa tradizione.
I rituali matrimoniali comprendevano anche canti e danze legati a momenti ben precisi estranei alla funzione religiosa. In molti paesi era tradizione, simile a quella della zona del Magreb, portare il corredo in corteo festoso dalla casa della famiglia della sposa a quella dello sposo.
Arrivato il corredo e disposto in ordine per essere ammirato dai visitatori, si canta lu liettu, cioè le donne cantano e danzano al suono del tamburello e mentre preparano il letto agli sposi intonano, come gli antichi Greci, gli inni nuziali per buon augurio, disponendo intorno ad esso semi di grano, legumi, confetti, simboli di abbondanza e di pace. Ancor oggi in Calabria, quando è il momento di sistemare la camera da letto dei futuri sposi, è diffusa l’abitudine di festeggiare il momento con dolci, confetti e brindisi insieme alle rispettive famiglie.
Il corredo della sposa veniva spesso accompagnato da doni di primizie e da pani particolari tradizionali, muccellati, tortani, culluri dolci e salati, anche a forma di figure zoomorfe.
Il pane aveva un grande valore nel rito matrimoniale, tanto che gli sposi lo dovevano spezzare insieme e il giorno seguente alle nozze i pani nuziali vengono distribuiti ai parenti, esattamente come nella tradizione latina quando si celebrava il matrimonio con una focaccia, panisfarreus, o ancor prima, nella Magna Grecia lo sposo portava un canestro pieno di pane e intonava un inno di auguri. Di questa tradizione in Calabria rimane l’usanza di mandare, il giorno dopo il matrimonio, ad amici e vicini di casa anche sconosciuti dei vassoietti con dolci, cioccolatini e confetti.
Il corteo nuziale avveniva fra canti e lancio di fiori e semi: quando la sposa giungeva sulla soglia della sua nuova casa trovava ad attenderla la suocera che le offriva in dono del miele, dei semi, della seta o gli strumenti del telaio, simbolo del suo nuovo status e della sua nuova appartenenza. Entrata in casa la festa continuava anche fino al giorno dopo, con l’offerta di altro cibo e bevande agli amici e parenti che intonavano ancora canti augurali e scherzosi agli sposi prima di lasciarli finalmente soli.
Anche di queste antiche tradizioni rimangono le tracce nel lancio del riso a fine cerimonia, nei pranzi luculliani che durano giornate intere e, usanza più diffusa nei paesi, nelle serenate sotto casa adegli sposi che poi sono “costretti” a a far salire gli amici per una spaghettata di mezzanotte.
Annamaria Persico