“Hanno tentato in tanti modi a spiegare l’accelerazione della strage di via D’Amelio, pur di non guardare altrove – dice Trizzino – Si sono persi tanti anni. È giunto il momento di capire perché non si volle guardare a quello che Borsellino voleva fare e alle terribili difficoltà che incontrò dentro la Procura di Palermo. C’è spazio per una verità storica e per l’accertamento di eventuali recenti depistaggi sul tema del difficile periodo di Borsellino in quella procura retta da Pietro Giammanco”.
“In tutti questi anni si è sempre cercato di spiegare l’anomala accelerazione della esecuzione della strage di via D’Amelio facendo voli pindarici, prima inserendo Bruno Contrada sul luogo della strage, ora prospettando n qualche modo che Paolo Borsellino avesse saputo di questa trattativa e che si era messo di mezzo ostacolandola e per questo muore – dice ancora Trizzino- Sono tutti tentativi, in qualche modo, per non guardare a ciò che stava facendo e a cià di cui si stava occupando e quello che stava accadendo all’interno della Proucra”.
Il legale parla, quindi, “dell’interesse che Borsellino mostrava sul dossier mafia e appalti”, “tanto è vero che il giudice incontrò segretamente Mori e De Donno per dare sfogo a quel rapporto”. “Nel frattempo c’era stata la famosa archiviazione del dossier del 13 luglio 1992, pochi giorni prima della strage di via D’Amelio. E’ giunto il momento di andare a guardare lì cosa è successo” e “se ci sono state manovre depistatorie anche recenti” per “riuscire ad allontanare il focus dell’attenzione dal nido di vipere”. E conclude: “Evidentemente qualcuno ci ha lavorato…”.