Sacra effige di Sant'Antonio  (Lamezia Terme). Foto di Luciano Carnovale
13 giugno 2024
Sacra effige di Sant'Antonio (Lamezia Terme). Foto di Luciano Carnovale

News Lamezia e lametino

Sant’Antonio da Padova, dottore della Chiesa e protettore dei poveri e dei sofferenti. Il culto a Lamezia Terme, vera festa popolare


Oggi 13 giugno la Chiesa cattolica celebra Sant’Antonio da Padova, dottore della Chiesa e protettore dei poveri e dei sofferenti ma anche dei bambini malati, animali, cavalli, donne incinte, fidanzati, marinai, matrimonio, nativi americani, oggetti smarriti, oppressi, pescatori e viaggiatori

Sant’Antonio, il cui culto è tra i più diffusi del cattolicesimo, è patrono del Portogallo, del Brasile e della Custodia di Terra Santa e di centinaia di città in Italia e nel mondo. In tutta la Calabria il 13 giugno è una festa molto sentita, in particolare a Lamezia Terme, nell’ex comune di Nicastro, dove Sant’Antonio da secoli è protagonista di una vera festa popolare.

Guarda cchi biallu Santu ‘u Paduanu/sbrandinu l’uachjji sua buntà divina/ca porta llu Signuri supra i manu/grazziji cci dispensa di quintinu… così recitano i primi versi di Sant’Antoni Nobbuli e Gintiali, un antichissimo canto in dialetto nicastrese risalente forse al Seicento scritto in onore di Sant’Antonio, qui affettuosamente chiamato dai fedeli ‘Ntonariellu, per l’aspetto veramente bello, nobile e gentile della pregevole statua che lo raffigura.

Sant’Antonio, raffigurato in questa sacra effige (di ottima scuola napoletana datata 1685) e anche nel cosiddetto Quadro Divino (del 1644 composto dal pittore romano Giacomo Stefanoni), nella chiesa di Santa Maria degli Angeli e convento dei Cappuccini sul colle chiamato appunto di Sant’Antonio, da secoli riceve, soprattutto nei giorni della Tredicina che precedono la festa, le visite di migliaia e migliaia di fedeli che vengono a pregare e a chiedere grazie e protezione. Per 13 giorni consecutivi, dalle 5 del mattino fino a sera, per la strada che dal centro storico di Nicastro sale al Santuario è un susseguirsi di lametini e non che vanno a trovare il Santo e anche da lontano è possibile sentire l’eco dei canti e delle litanie.

Le celebrazioni ufficiali prevedono tre giorni di festa con luminarie, musica e bancarelle per le vie di Nicastro e iniziano il 12 giugno, con l’accensione del cero votivo al Santo da parte del sindaco e dell’amministrazione, continuano il 13 giugno con la messa solenne e terminano il 14, con la grande processione con in capo la statua del Santo portata a spalla dagli «statuari» che, dalle 17 fino a notte fonda, percorre tutte le strade della città.
La processione termina con il ritorno di Ntonariellu sul colle. Un momento commovente in cui la sacra effige del Santo viene dagli statuari girata per salutare la città distesa ai suoi piedi, per poi rientrare nella chiesa tra canti, preghiere, fuochi d’artificio e tripudio generale.

Il legame di Sant’Antonio con l’allora città di Nicastro risale al terribile terremoto del 1638, che lasciò in piedi solo il convento di Sant’Antonio per intervento del Santo, seguito da numerose altre testimonianze di fede che contribuirono a diffonderne il culto.

Riportiamo qui per intero, affinché non si perda la memoria di queste belle e antiche tradizioni della fede popolare, l’antico canto nicastrese Sant’Antoni Nobbuli e Gintiali

O Sant’Antoni nobbuli e gintiali
scocca di rosi e funtana d’amuri,
li boni grazziji tua viagni a bidiri
l’ostia chi fhacisti cunsargari
fhacisti cumbirtiri li ‘mpidili
e lli cavalli fhacisti ‘ncrinari
Chist’è lla virità, un’è buggia,
o Sant’Antoni, prega a Diu ppi mia
Chist’è lla virità, un’è buggia.
o Sant’Antoni prega a Diu ppi mia
O Sant’Antoni nobbuli e risguardenti,
di Gesù Cristo fhusti veru amanti,
l’avisti tantu strittu n’tra la menti.
supra sti vrazza tua tantu galanti
Lu guirriggianti cci l’avia prisenti,
lu Bambinuzzu cci stavia davanti.
ca mò vi veni st’anima pinitenti,
Antoniu, chi di grazziji n’ d’hai abbundanti.
Cci lu dicimu a tutti li cristiani
si vonu grazziji mu vanu a Sant’Antoni,
ca Sant’Antoni di grazziji nd’ha nu mari
e lli divoti sua li teni cari.
Chist’è lla virità un’è buggia
o Sant’Antoni, prega a Diu ppi mia
Chist’è lla virità un’è buggia
o Sant’Antoni, prega a Diu ppi mia.
Guarda cchi biallu Santu ‘u Paduanu;
sbrandinu l’uachjji sua buntà divina,
ca porta llu Signuri supra i manu,
grazziji cci dispensa di quintinu
E lli divoti circandu lu jamu
e di Nicastru luntani e bicini
Ca pua a Nicastru truvato cci l’hamu
allu cummiantu di li Capuccini
Tinimu bona Fhidi ogni ssimana
ca ‘u nuastru cori cunzulatu sia;
Cumu ‘u Signuri cunzolau a bua
daccussì cunzola, Sant’Antoni a nua
Cumu ‘u Signuri cunzulau a bua,
d’accussì cunzola, Sant’Antoni a nua.

Antonio da Padova, noto in Portogallo come Antonio da Lisbona (in portoghese António de Lisboa), al secolo Fernando Martins de Bulhões (Lisbona, 15 agosto 1195 – Padova, 13 giugno 1231), è stato un religioso e presbitero portoghese appartenente all’Ordine francescano, proclamato santo da papa Gregorio IX nel 1232 e dichiarato dottore della Chiesa nel 1946.

Da principio canonico regolare a Coimbra dal 1210, poi dal 1220 frate francescano. Viaggiò molto, vivendo prima in Portogallo quindi in Italia e in Francia. Nel 1221 si recò al Capitolo Generale ad Assisi, dove vide e ascoltò di persona san Francesco d’Assisi. Terminato il capitolo, Antonio fu inviato a Montepaolo di Dovadola, nei pressi di Forlì. Fu dotato di grande umiltà, ma anche di grande sapienza e cultura, per le sue valenti doti di predicatore, mostrate per la prima volta proprio a Forlì nel 1222.

Antonio fu incaricato dell’insegnamento della teologia e inviato dallo stesso san Francesco a contrastare in Francia la diffusione del movimento dei catari, che la Chiesa di Roma giudicava eretico. Fu poi trasferito a Bologna e quindi a Padova. Morì all’età di 36 anni.

La Chiesa, nella persona del papa Gregorio IX, in considerazione della mole di miracoli attribuitagli, lo canonizzò dopo solo un anno dalla morte. Pio XII, che nel 1946 ha innalzato sant’Antonio tra i Dottori della Chiesa cattolica, gli ha conferito il titolo di Doctor Evangelicus, in quanto nei suoi scritti e nelle prediche che ci sono giunte era solito sostenere le sue affermazioni con citazioni del Vangelo.

Gli fu dedicata la grande Basilica di Padova; sia la basilica che Sant’Antonio vengono comunemente chiamati in città “il Santo”. La sua data di nascita ci è stata tramandata dalla tradizione, e la sua festa cade il 13 giugno, giorno della sua morte; a Padova, in occasione della ricorrenza, si svolge un’imponente celebrazione con una grande e sentita processione.
Sant’Antonio col Bambin Gesù in un’immaginetta devozionale

Fin dal giorno dei funerali la tomba di Antonio divenne meta di pellegrinaggi che durarono per giorni. Devoti di ogni condizione sociale sfilavano davanti alla sua tomba toccando il sarcofago e chiedendo miracoli, grazie e guarigioni. A causa della folla le autorità decisero di disciplinare il flusso e tutta Padova — si legge nell’Assidua — «nei giorni prefissati veniva in processione a piedi nudi», anche di notte.

In quel periodo furono attribuiti alla sua intercessione molti miracoli e, «a furor di popolo», il vescovo e il podestà li sottoposero al giudizio del Papa.
Papa Gregorio IX, che conosceva Antonio, avendo assistito alle sue prediche, accolse gli ambasciatori padovani e nominò una commissione di periti, presieduta dal vescovo di Padova, per raccogliere le testimonianze e le prove documentarie utili al processo di canonizzazione.

Secondo l’Assidua la commissione fu sommersa a Padova «da una gran folla, accorsa per deporre con le prove della verità, di essere stata liberata da svariate sciagure grazie ai meriti gloriosi del beato Antonio». Il Vescovo ascoltò «le deposizioni confermate con giuramento», mise per iscritto i «miracoli» approvati e promosse le indagini necessarie. Completato l’esame diocesano, inviò al Papa una seconda delegazione. A Roma l’istruttoria fu assegnata al cardinale Giovanni d’Abbeville, che in pochi mesi esaurì il compito assegnatogli.

Fu Gregorio IX stesso che pose fine al processo quando tagliò ogni ritrosia rimasta fissando al 30 maggio, festa di Pentecoste, la cerimonia ufficiale di canonizzazione e che inviò per questo una Bolla ai fedeli e al podestà di Padova. Nel Duomo di Spoleto, Gregorio IX ascoltò la lettura dei cinquantatré miracoli approvati e, dopo il canto del Te Deum, proclamò solennemente e ufficialmente santo frate Antonio, fissandone la festa liturgica nel giorno anniversario della sua nascita in cielo, il 13 giugno. I fedeli poterono festeggiare Antonio come santo esattamente un anno dopo la sua morte. Completato dopo soli 352 giorni, il suo processo di canonizzazione è da sempre considerato il più veloce della storia della Chiesa Cattolica (più veloce di soli due giorni rispetto a quello di Pietro da Verona, avvenuto dopo soli 354 giorni dalla morte).

Per l’afflusso di pellegrini che affluiva a Padova sulla tomba, si iniziò la costruzione di una chiesa più capiente che fu terminata nel 1240. Nel 1263 il Ministro Generale dei francescani, Bonaventura da Bagnoregio, fece traslare la salma di Antonio di Padova nella nuova basilica. Si narra che, durante l’ispezione prima del trasporto dei resti mortali, sarebbe stata rinvenuta la lingua intatta e rosea come fosse viva. Ogni anno, ancora oggi, i frati Antoniani di Padova ricordano quel ritrovamento.

Ancora oggi sono milioni le persone che annualmente visitano la sua tomba nella Basilica di Padova, e in tutto il mondo milioni di persone porta nell’animo una profonda venerazione per questo grande frate francescano. (Fonte Wikipedia-bollettino Sant’Antonio)
Annamaria Persico


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