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23 novembre 2018

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Povertà educativa: In Sicilia, Campania e Calabria più di 2 bambini e adolescenti su 3 non hanno letto libri nell’ultimo anno


In Italia, si stima che solo la metà dei bambini e ragazzi abbia letto almeno un libro negli ultimi 12 mesi.
Tra i minori di età compresa tra 6 e 18 anni, nel 2016 il 52,8% non aveva letto neanche un libro nell’anno precedente (senza contare ovviamente i testi scolastici). I dati Istat:
Sicilia 72,6
Campania 69,4
Calabria 66
Puglia 59,9
Molise 58,8
Lazio 56,3
Abruzzo 52,8
Marche 52,5
Basilicata 51,3
Sardegna 47,7
Toscana 46,3
Lombardia 45,3
Emilia Romagna 45
Piemonte 43,8
Umbria 42,5
Bolzano 42,2
Veneto 40,4
Friuli V. G. 40,3
Valle d’Aosta 37,1
Liguria 36,9
Trento 32,6

I dati indicano come dall’inizio di questo decennio ci sia stato un calo dei bambini che leggono, comune, anche se in misura diversa, alle varie fasce d’età.
Nell’ultimo decennio sono diminuiti i lettori tra i giovani fino ad arrivare al 54,2 per cento nel 2016. Nel 2017 si osservano i primi segnali di una possibile inversione di tendenza, che andrà monitorata nei prossimi anni. Per adesso siamo ancora al di sotto dei livelli di qualche anno fa. Non va trascurato che questo calo è in parte sovrapponibile agli anni della crisi economica e dell’aumento della percentuale di famiglie in povertà assoluta.

Il tema dei bambini e degli adolescenti che non leggono non può essere derubricato a una questione individuale. La lettura è anche uno strumento di crescita e di emancipazione, ancora più importante per i giovani che provengono dai contesti più deprivati. Nei primi anni, offre al bambino la possibilità di esplorare mondi e storie nuove, stimolandone fantasia e creatività. Più avanti, a scuola, è stata spesso sottolineata la relazione tra lettura e rendimento scolastico. Da adulto, le competenze linguistiche possono diventare un asset decisivo per ottenere un lavoro stabile, e anche per la propria realizzazione e gratificazione personale.

Una delle caratteristiche più odiose della povertà educativa è il suo rapporto con la povertà economica. Le famiglie povere hanno generalmente più difficoltà ad offrire opportunità culturali ed educative ai propri figli. Un meccanismo vizioso, perché rende quasi ereditarie questo tipo di privazioni.

Anche l’accesso alla lettura purtroppo non fa eccezione. Un recente report dell’istituto di statistica ha sottolineato come vi sia un forte effetto familiarità nella lettura. Se i genitori sono lettori, anche i figli leggono (in due terzi dei casi). Al contrario, solo una minoranza dei figli di non lettori legge.

30,8% la percentuale di lettori tra i figli di genitori che non leggono. Sono il 66,9% tra i ragazzi nati in famiglie dove sia la madre che il padre leggono.

Un aspetto sottovalutato è che innalzare questa percentuale potrebbe avere effetti importanti nel contrasto alla povertà educativa. Un indizio in questo senso ce lo offrono le analisi dei ricercatori dell’Università di Tor Vergata per Save the Children sulla resilienza, ovvero la capacità del minore di reagire positivamente a un contesto difficile o deprivato.

I minori che vivono in famiglie meno abbienti ma che vivono in aree geografiche dove l’offerta culturale e ricreativa è maggiore rispetto alla media nazionale, quindi dove più del 38% dei minori ha svolto almeno 4 attività tra le 7 identificate dall’indice composito Istat (tra cui la lettura, ndr), hanno il triplo delle probabilità di essere resilienti, rispetto ai coetanei che vivono in contesti dove l’offerta è limitata.

Il comportamento di lettura tra i più giovani (6-17 anni) è periodicamente monitorato da Istat, ed è anche uno degli indicatori alla base dell’indice di povertà educativa elaborato da Save the Children. Questi dati mostrano profonde differenze tra le regioni italiane.


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