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25 gennaio 2017

News Lamezia e lametino

Ricordando Rosi, nel primo anniversario della sua prematura dipartita


Il 23 gennaio dello scorso scorso si concludeva la vita terrena della signora Rosi De Sensi. Vogliamo ricordarla riproponendo un articolo, a firma di Tonino De Sensi, apparso su reportageonline il 25 gennaio del 2016

La vecchia Cattedrale di Nicastro faceva fatica a contenerli tutti, gli amici, i familiari, la gente, tutti quelli che, anche non avendola conosciuta di persona, ne avevano ammirato la storia, una bella storia, troppo breve ma intensa e concreta.

La vicenda terrena di Rosi De Sensi, un’operatrice del sociale, si è interrotta nei giorni scorsi, in un freddo pomeriggio di gennaio, ma la sua rimane una testimonianza forte per chiunque abbia la voglia, la forza e la passione per impegnarsi, per sporcarsi le mani, per cercare di cambiare concretamente le sorti di una città, Lamezia Terme appunto, in cui in tanti, in troppi rimangono alla finestra e lasciano che le cose avvengano.

Rosi e le altre formichine operose dell’Associazione «La Strada» per decenni hanno lavorato per il riscatto della periferia lametina per eccellenza, Scordovillo, la bidonville, il campo Rom, il ghetto o come diavolo lo vogliamo chiamare, sicuramente da sempre lo specchio impietoso dell’inconcludenza e delle pie intenzioni di intere classi dirigenti.

L’associazionismo, il cosiddetto Terzo settore o privato sociale che dir si voglia da sempre si differenzia dalle istituzioni pubbliche per la sua concretezza, per l’immediatezza della sua azione, perché non aspetta il protocollo o la copertura di bilancio, si butta dentro, si sporca le mani, anche se le risorse sono scarse e le difficoltà apparentemente insormontabili.
Pensate che Rosi, insieme ai compagni «di strada» ogni mattina presto entrava a Scordovillo, svegliava i bambini, li aiutava a vestirsi e li accompagnava a scuola, strappandoli per ore alla miseria di un posto che, se lo hai visitato per una sola volta, ti rimane impresso nella mente e nello stomaco per tutta la vita.

Si occupavano dei vaccini, dell’iscrizione a scuola, dell’igiene, del doposcuola, dei soggiorni a mare, si scontravano quotidianamente con le istituzioni locali imbalsamate e, quand’anche vicine, paralizzate o dalla paura di decidere o dalle risorse sempre più esigue. Ragazzi che non lesinavano tempo ed energie, che non si pagavano per mesi ma che ogni mattina erano lì, a Scordovillo, perché amavano e amano quei bambini «brutti sporchi e cattivi» che tanti genitori, diciamocela tutta, mai vorrebbero come compagni di scuola dei propri figli.

Rosi è stata ricordata da tutti per il meraviglioso sorriso che la illuminava quando ti sorrideva, come solo lei sapeva fare, per la sua dolcezza e per la delicatezza con cui si faceva carico delle sofferenze di tutti, lei che, rinunciando a una vita agiata e confortevole, aveva scelto il servizio nella più difficile delle periferie, le periferie di cui papa Francesco parlò la sera della sua elezione e che giustamente, all’inizio della sua sofferta omelia, ha ricordato Don Carlo davanti a una folla commossa e silenziosa.

Per la prima volta da quando esiste la vergogna di Scordovillo quel triste pomeriggio c’erano più Rom in Cattedrale e sul Corso Numistrano che non al campo, perché nessuno di loro voleva mancare, tutti hanno reso omaggio, alla loro maniera, alla «Taliana» che tanto li ha amati, senza se e senza ma.
Tonino De Sensi


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