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11 dicembre 2015

Prima pagina

Sono oltre 50 mila le persone senza dimora. Le linee di indirizzo del Governo per migliorare le politiche


Si stimano in 50 mila 724 le persone senza dimora in Italia (2,43 per mille della popolazione regolarmente iscritta nei Comuni considerati), in leggero aumento rispetto al 2011 (quando erano 47.648 persone). E’ quanto emerge dall’indagine realizzata dal MInistero del Lavoro e delle Politiche sociali insieme a Istat, Caritas e Fio.PSD (Federazione italiana organismi per le Persone senza dimora) che è stata presentata ieri mattina al Cnel insieme alle linee di indirizzo per il contrasto alla grave emarginazione adulta in Italia.

Sostanzialmente stabile nelle regioni del Nord-ovest, del Centro e delle Isole, la quota dei senza dimora diminuisce nel Nord-est del Paese e aumenta al Sud. In linea generale, rispetto al 2011, il numero dei servizi di mensa e accoglienza notturna diminuisce del 4,2% ma i servizi attivi erogano mensilmente più prestazioni (+ 15,4%). Rispetto al 2011, vengono confermate le principali caratteristiche delle persone senza dimora: si tratta per lo più di uomini (85,7%), stranieri (58,2%), con meno di 54 anni (75,8%) – anche se, a seguito della diminuzione degli under34 stranieri, l’età media è leggermente aumentata (da 42,1 a 44) – o con basso titolo di studio (solo un terzo raggiunge almeno il diploma di scuola media superiore). Cresce rispetto al passato la percentuale di chi vive solo (da 72,9% a 76,5%), a svantaggio di chi vive con un partner o un figlio (dall’8% al 6%); poco più della metà (il 51%) dichiara di non essersi mai sposato.

Rispetto alla precedente indagine, le differenze tra utenti stranieri ed italiani si vanno riducendo in termini di età, durata della condizione di senza dimora e titolo di studio, nonostante la componente italiana rimanga più anziana, meno istruita e da più tempo nella condizione di senza dimora. La perdita di un lavoro stabile insieme alla separazione dal coniuge e/o dai figli si confermano come gli eventi più rilevanti nel percorso di progressiva emarginazione che conduce alla condizione di “senza dimora”; un peso di un certo rilievo, seppur più contenuto, lo hanno anche le cattive condizioni di salute (disabilità, malattie croniche, dipendenze).

«Affrontare i problemi con la logica dell’emergenza non è il modo giusto per risolverli, rischia anzi di essere una scusa per rinviarli e, di conseguenza, renderli più difficili; occorre invece, come nel caso del contrasto ai casi di emarginazione più grave ed in generale alla povertà, un approccio strategico che permetta di definire interventi strutturali coordinati tra più soggetti e, per questo, in grado di produrre risultati concreti». E’ quanto ha detto il ministro Poletti commentando le linee di indirizzo per il contrasto alla grave emarginazione adulta in Italia, approvate a novembre in Conferenza Unificata e presentate ieri.

Le linee di indirizzo, che raccolgono le migliori esperienze locali, nazionali ed europee, sono frutto di un lavoro condiviso con i rappresentanti dei diversi livelli di governo e, in particolare, delle città metropolitane, e di un confronto che nasce dal basso, dalle attività dei servizi e dall’animazione dei territori, realizzato con la collaborazione della Fio.PSD – Federazione Italiana degli Organismi per le Persone senza Dimora. Un metodo partecipativo che il Ministero intende riprodurre nella costruzione del Piano di lotta alla povertà, previsto nella legge di stabilità in discussione in Parlamento.

«La volontà che ha ispirato la redazione di queste linee di indirizzo», ha aggiunto Poletti «è appunto quella di superare un approccio emergenziale, in direzione di un approccio strategico, che consideri la persona ed i suoi bisogni nella sua interezza, in modo da realizzare un intervento “tagliato” sulla condizione specifica in cui si trova. Il principio che sottende questo nuovo approccio è quello della presa in carico, dell’accompagnamento verso l’autonomia, dell’empowerment, con l’obiettivo di far uscire la persona dalla condizione di difficoltà in cui si trova. Un principio che, più in generale, dovrà ispirare tutte le politiche sociali e in particolare quelle di lotta alla povertà, con la convinzione che se al sostegno monetario non si affianca un progetto di attivazione con la presa in carico delle persone, da parte dei servizi sociali in rete con gli altri servizi del territorio e con i soggetti del terzo settore e di tutta la comunità, è impossibile produrre risultati efficaci in termini di inclusione sociale».

Alle linee guida sono poi associate risorse specificamente dedicate ai senza dimora nel PON Inclusione e nel Programma operativo del Fead (il Fondo europeo di aiuti agli indigenti).

«Il Governo», ha chiarito il ministro «ha deciso di destinare, nell’ambito di questi due programmi comunitari, 100 milioni di euro in sette anni al finanziamento di servizi coerenti con le linee guida, cui potranno aggiungersi le risorse che le Regioni vorranno destinare con la programmazione regionale e le grandi città con la programmazione del PON Metro. Ed è motivo di soddisfazione che la Commissione europea, intervenuta alla presentazione, abbia manifestato grande apprezzamento per questa modalità di utilizzo delle risorse comunitarie, ringraziando il Governo per aver saputo cogliere in maniera “esemplare” le opportunità offerte dal nuovo ciclo di Programmazione».

Naturalmente, gli interventi rivolti ai senza dimora sono parte di un disegno più complessivo di contrasto alla povertà. La legge di Stabilità prevede di destinare risorse stabili alla definizione di un piano nazionale di lotta alla povertà: a regime, un miliardo l’anno oltre alle risorse che potranno rendersi disponibili dal riordino dei trattamenti previsto nel 2016.

Sulla base dell’esperienza maturata con la sperimentazione del Sostegno per l’inclusione attiva (Sia) nelle grandi città e con modalità profondamente rinnovate, la misura sarà estesa all’intero territorio nazionale nella prospettiva della sua definizione come livello essenziale. Per il 2016, considerando le risorse già stanziate, saranno disponibili circa 800 milioni.

Vi è poi una rilevante novità, per la prima volta introdotta nel nostro ordinamento: l’Asdi, un sussidio di disoccupazione di natura non previdenziale, rivolto ai più bisognosi che abbiano esaurito il sussidio di disoccupazione ordinario (NAspI) senza aver trovato ancora occupazione. Si tratta in questo caso di un anello di congiunzione tra gli strumenti più tradizionali di sostegno al reddito di natura previdenziale e il SIA. Per il 2016 le risorse stanziate per questa misura ammontano a 600 milioni di euro.


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