Nei primi dieci mesi di quest’anno in Italia le vittime di femminicidio sono state 106, una ogni 72 ore: il 7% in meno dello stesso periodo dell’anno scorso, quando erano state 114. È quanto emerge dall’aggiornamento statistico sul fenomeno curato da Eures in occasione del 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
I dati sono allarmanti. Dal primo gennaio al 31 ottobre 2018 i femminicidi sono saliti al 37,6% del totale degli omicidi commessi nel nostro Paese (erano il 34,8% l’anno prima), con un 79,2% di femminicidi familiari (l’80,7% nei primi dieci mesi del 2017) e un 70,2% di femminicidi di coppia (il 65,2% nel gennaio-ottobre 2017). Colpisce il progressivo aumento dell’età media delle vittime, che raggiunge il suo valore più elevato proprio quest’anno: 52,6 anni per il totale delle donne uccise e 54 anni per le vittime di femminicidio familiare (in molti casi donne malate, uccise dal coniuge anch’esso anziano, che poi a sua volta si è tolto la vita).
Tra il 2000 e i primi dieci mesi di quest’anno le donne uccise sono state 3.100, una media di più di tre a settimana. Il nord si conferma l’area più a rischio, concentrando la prevalenza degli omicidi con vittime femminili (il 45,4% nel 2017) davanti a sud (36,3%) e centro (18,4%).
A livello regionale, il maggior numero di femminicidi si concentra in Lombardia (24 nel 2017, pari al 17% del totale, di cui 17 familiari) davanti a Lazio (9,2%), Puglia (9,2%), Campania (8,5%), Veneto (8,5%), Emilia Romagna (7,8%), Piemonte (7,1%), Sicilia (7,1%), Toscana (6,4%) e Sardegna (5,7). A livello provinciale, invece, è l’area metropolitana di Roma a conservare nel 2017 il primato di territorio più pericoloso, con 10 donne uccise (pari al 7,1% del totale), seguita da Milano, con 7 vittime (di cui 6 all’interno del contesto familiare o amoroso), Bari, Caserta, Como e Catania con 5 ciascuna e Chieti, Parma, Taranto e Venezia con 4.
I femminicidi che si consumano all’interno della coppia si verificano più spesso all’interno delle coppie unite (52 vittime nel 2017, pari al 77,6% delle vittime di femminicidi di coppia) e in particolare quelle sposate e conviventi (32 vittime, pari al 47,8%),
Identikit dell’aggressore medio: il 65% è italiano. Le donne che si sono rivolte ai Centri antiviolenza nel 2017 sono 49.152, di queste 29.227 hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza.
Il 26,9% delle donne che si rivolgono ai centri sono straniere e il 63,7% ha figli, minorenni in più del 70% dei casi. Sono i dati raccolti dall’Istat che per la prima volta ha svolto l’indagine sui servizi offerti dai Centri antiviolenza, in collaborazione con il Dipartimento per le Pari opportunità le regioni e il Consiglio nazionale della ricerca (Cnr).
La maggior parte dei centri, l’85,8%, lavora in rete con altri enti della rete territoriale e quasi tutti, il 95,3%, aderiscono al numero verde nazionale 1522 contro la violenza e lo stalking.
La possibilità di contattare il centro antiviolenza da parte delle donne è elevata, il 68,8% ha messo a disposizione una reperibilità H24, il 71,1% ha attivato un servizio di segreteria telefonica negli orari di chiusura e il 24,5% possiede un numero verde dedicato.
Sono circa 4.400 le operatrici che nel 2017 hanno lavorato presso i centri antiviolenza, di queste il 56,1% è stato impegnato esclusivamente in forma volontaria. Le figure professionali che sono maggiormente presenti nei centri, coerentemente con i servizi prestati, sono le avvocate, le psicologhe e le operatrici di accoglienza.
Il 93% dei Centri antiviolenza prevede una formazione obbligatoria per le operatrici che sono impegnate presso il centro. Nell’85% dei casi è il centro stesso che ha organizzato corsi di formazione per il personale.