Due ergastoli sono stati comminati dalla Corte d’assise di Catanzaro ai presunti mandanti dell’omicidio di Matteo Vinci, biologo 42enne di Limbadi (Vibo Valentia), ucciso con una bomba sistemata nell’auto sulla quale viaggiava il 9 aprile 2018 e del tentato omicidio del padre Francesco che si trovava con lui e rimase gravemente ferito. I condannati sono Rosaria Mancuso, di 66 anni, e il genero Vito Barbara, di 31.
Tre anni e sei mesi di carcere sono stati inflitti a Lucia Di Grillo, di 31 anni, figlia di Domenico Di Grillo e Rosaria Mancuso e moglie di Vito Barbara, che è accusata, insieme agli altri familiari, di lesioni personali nei confronti di Francesco Vinci e di sua moglie Rosaria Scarpulla, per un’aggressione avvenuta nel 2014 e che, secondo l’accusa, costituisce uno dei tanti episodi di vessazioni che i Vinci hanno subito da parte dei Mancuso-Di Grillo. I Vinci, assistiti dall’avvocato Giuseppe De Pace, non si sono mai piegati alle richieste dei confinanti avviando anche una serie di procedimenti in sede civile e penale. La risposta finale, stando alle indagini, sarebbe stata l’autobomba piazzata sotto la Ford Fiesta di Francesco Vinci, guidata dall’unico figlio Matteo. Nel collegio difensivo gli avvocati Francesco Capria, Gianfranco Giunta, Mario Santambrogio, Giovanni Vecchio, Fabrizio Costarella e Stefania Rania.
Francesco Vinci e la moglie sono sempre stati presenti in aula in tutte le fasi del dibattimento.
Per quanto riguarda i presunti esecutori materiali, è in corso il processo con rito abbreviato che vede imputati Antonio Criniti e Filippo De Marco. Sarebbero stati loro, secondo l’accusa, a piazzare la bomba sotto l’auto dei Vinci. (ANSA).