La terapia adiuvante, cioè successiva alla chirurgia, con ribociclib riduce del 25% il rischio di recidiva in una vasta popolazione di pazienti con tumore della mammella in stadio precoce. Sono questi i dati positivi dell’endpoint primario dello studio registrativo di fase III Natalee che Novartis presenta oggi al congresso annuale dell’Asco (Società americana di oncologia medica). I dati – si legge in una nota – mostrano che ribociclib in associazione con la terapia endocrina (Et), rispetto alla sola terapia endocrina, riduce il rischio di recidiva del 25,2% in una vasta popolazione di pazienti con tumore della mammella in fase iniziale Hr positivo/Her2 negativo, indipendentemente dallo stadio della malattia, dallo stato menopausale e linfonodale.
I dati di ribociclib – prosegue la nota – sono risultati consistenti in tutti gli endpoint secondari di efficacia, comprese la sopravvivenza libera da malattia a distanza (riduzione del rischio del 26%) e la sopravvivenza libera da recidiva (riduzione del rischio del 28%), con un trend positivo per la sopravvivenza globale. Anche il profilo di sicurezza di ribociclib al dosaggio di 400 mg è stato favorevole, con tassi limitati di eventi avversi sintomatici e limitati aggiustamenti del trattamento nella somministrazione fino a tre anni. I più frequenti eventi avversi sono stati: neutropenia (43,8%) eventi epatici, tra cui l’aumento delle transaminasi (8,3%).
“Nel 2022, in Italia, sono stati stimati 55.700 nuovi casi di carcinoma della mammella, il più frequente in tutta la popolazione – afferma Saverio Cinieri, presidente Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) – La terapia adiuvante della malattia radicalmente operata può essere considerata uno dei maggiori successi in oncologia negli ultimi trent’anni. Infatti, nonostante il costante aumento dei casi, la mortalità è diminuita del 6,8% dal 2015 al 2021, non soltanto per effetto della diagnosi precoce attraverso programmi di screening, ma anche per l’efficacia della terapia adiuvante. La sopravvivenza a 5 anni infatti raggiunge l’88% e pone il nostro Paese ai vertici in Europa. Sono tre i trattamenti adiuvanti: chemioterapia, ormonoterapia e terapia biologica, proposti alle pazienti in base allo studio del singolo caso, alle caratteristiche della neoplasia e alle condizioni fisiche della donna”.
Purtroppo, però, “per molte pazienti – evidenzia Cinieri – non vi sono strumenti efficaci per ridurre in maniera sostanziale il rischio di recidiva. I risultati significativi dello studio Natalee mostrano il potenziale di ribociclib di cambiare la pratica clinica. Ridurre le recidive, inoltre, significa contenere il considerevole costo per il Ssn in termini di farmaci, visite e ospedalizzazioni necessari quando la malattia diventa metastatica, oltre alle conseguenze negative sulla qualità di vita”.
“Per ridurre il rischio di recidiva, le pazienti con carcinoma mammario in stadio precoce, positivo per i recettori ormonali e Her2 negativo, assumono il trattamento ormonale standard di durata compresa tra 5 e 10 anni, in aggiunta o meno alla chemioterapia – spiega Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di Oncologia senologica e Toraco-polmonare, Istituto Nazionale Tumori Irccs Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli -. Nello studio Natalee, che ha coinvolto oltre 5000 pazienti, ribociclib è stato somministrato per 3 anni insieme all’ormonoterapia. In questo modo è stato ridotto di un ulteriore 25% il rischio di recidiva, in una popolazione di pazienti molto vasta, che include anche le donne senza coinvolgimento linfonodale”.
“Ci auguriamo – è l’auspicio dell’oncologo – che la disponibilità della terapia avvenga quanto prima, perché potremo offrire un’opportunità terapeutica efficace a una grande platea di pazienti. Circa il 70% delle donne presenta un carcinoma mammario con recettori ormonali positivi e Her2 negativo e almeno metà ha le caratteristiche delle pazienti incluse nello studio. Quindi circa 20mila donne ogni anno, in Italia, potrebbero beneficiare di questa terapia, che ha già evidenziato di essere molto efficace nello stadio metastatico, garantendo una buona qualità di vita”.
“L’evento più impattante dal punto di vista clinico, nel carcinoma mammario operato radicalmente – sottolinea Fabio Puglisi, direttore del Dipartimento di Oncologia medica all’Irccs CRO di Aviano, professore ordinario e direttore della Scuola di specializzazione in Oncologia medica all’Università degli Studi di Udine – è la comparsa di recidive a distanza, che si associa ad un drammatico peggioramento prognostico. Le pazienti con tumore della mammella in stadio precoce con recettori ormonali positivi e Her2 negativo restano a rischio di recidiva, perché la malattia si ripresenta in un terzo dei casi inizialmente in stadio II e nella metà di quelli esorditi in stadio III. Inoltre, il 90% delle recidive che si sviluppano entro 5 anni portano alla malattia metastatica”.
L’evoluzione della patologia da stadio iniziale a metastatico ha ripercussioni negative “non solo sulla sopravvivenza – rimarca Puglisi – ma anche sulla qualità di vita dei pazienti. I dati dello studio Natalee rappresentano un ulteriore passo avanti per portare a guarigione un maggior numero di pazienti. Questi risultati potranno avere un impatto maggiore di quanto ottenuto in passato nel trattamento adiuvante con la chemioterapia o con l’ormonoterapia basata sugli inibitori dell’aromatasi”.
“In seguito a una diagnosi di tumore della mammella in fase iniziale, i pazienti vivono con il continuo timore che la malattia possa tornare – afferma Paola Coco, CSO & Medical Affairs Head, Novartis Italia -. I dati dello studio Natalee evidenziano il potenziale di ribociclib di ridurre il rischio di recidiva in questa popolazione a rischio, compresi i pazienti con linfonodi negativi, mantenendo un profilo di sicurezza favorevole. Questi risultati, che potrebbero cambiare la pratica clinica, rafforzano il profilo ben consolidato di ribociclib come trattamento di provata efficacia nel tumore della mammella metastatico Hr postivo/Her2 negativo. Da sempre siamo impegnati in prima linea nella ricerca di terapie che migliorino la sopravvivenza e la qualità di vita delle persone colpite da tumore del seno e, oggi, la nostra speranza di arrivare alla guarigione in molti pazienti con diagnosi di cancro al seno precoce è ancora più grande”.
Ribociclib è stato sviluppato da Novartis Institutes for BioMedical Research (NIBR) attraverso una collaborazione di ricerca con Astex Pharmaceuticals. Il gruppo farmaceutico svizzero prevede di presentare i dati di Fase III alle autorità regolatorie degli Stati Uniti e dell’Europa entro la fine dell’anno.