Delitto Olgiata, figlio contessa: "Winston libero? Battaglia di mio padre defraudata in modo indecoroso"
8 ottobre 2021

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Delitto Olgiata, figlio contessa: “Winston libero? Battaglia di mio padre defraudata in modo indecoroso”


“E’ l’ennesima dimostrazione che il sistema italiano ha lacune da tutte le parti, fatica ad assicurare i colpevoli alla giustizia e anche quando li assicura, non riesce a garantire una certezza e una adeguatezza della pena”. Manfredi Mattei, figlio della contessa Alberica Filo della Torre, commenta così all’Adnkronos l’imminente ritorno in libertà di Manuel Winston Reyes, il maggiordomo filippino condannato per il delitto dell’Olgiata, avvenuto il 10 luglio 1991.

“La battaglia della vita di mio padre è defraudata in modo indecoroso” aggiunge Manfredi. Lui, che aveva 9 anni e mezzo quando la mamma venne uccisa, dice: “Più che rabbia provo rammarico, delusione, sconforto. Si assiste sempre al solito sistema dove alla fine nessuno paga o se paga lo fa in modo irrisorio. In Italia l’ingiustizia è democratica, la ricerca della giustizia invece richiede spalle larghe per poter affrontare i tribunali. Certo è che c’è molta gente che su casi di giustizia ha costruito fortune”.

MARAZZITA: “CONDANNATO A PENA MITE” – “Questa liberazione è qualcosa di assolutamente previsto e prevedibile, nel senso che in base al nostro ordinamento da un certo punto di tempo in poi, oltre la seconda metà della pena, si inizia ad avere una serie di benefici, permessi premio e poi è previsto nel percorso di rieducazione del condannato che rientri in libertà prima della scadenza del termine. Il punto è che è stato condannato a una pena mite, e su quello ha inciso il ritardo della giustizia italiana”. Lo dice all’Adnkronos l’avvocato Giuseppe Marazzita, legale della famiglia Mattei.

“Se quest’uomo non fosse stato condannato 20 anni dopo i fatti, da un lato non si sarebbe prescritto uno dei reati, la rapina aggravata ragione dell’omicidio, dall’altro – spiega l’avvocato – certamente la pena sarebbe stata più severa, perché si giudicava una persona che aveva appena commesso un omicidio, non una persona che lo aveva commesso in gioventù e nel frattempo aveva avuto un percorso di vita diverso. Mi sento di sottolineare l’amarezza che era di Pietro Mattei, che mai mi ha manifestato astio, odio nei confronti dell’assassino ma aveva come obiettivo la giustizia italiana che gli aveva negato per 20 anni la verità, da un lato esponendo lui e la sua famiglia a una serie di ferite e dall’altro facendogli raggiungere un mezzo risultato”.


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