di FIORE ISABELLA
E una campagna elettorale amministrativa, quella di Lamezia Terme, dove pare siano scomparsi i confini che un tempo separavano idee e programmi di governo alternativi. Prova ne sono gli interventi sulla stampa locale dei candidati al consiglio comunale, anche di centrodestra, che scendono in campo per una città inclusiva. Su, il Lametino di oggi 10 Maggio 2025, un titolo che condenza l’impegno di una giovane candidata sul tema del rispetto e della tutela degli animali “Le mie proposte su randagismo e benessere animale”. Sono ormai innumerevoli le iniziative di tutela degli animali”, legittime e da perseguire senza richiami all’appartenza, perché un cucciolo e un gattino riempiono la casa dei benestanti rimasti soli e fanno compagnia anche ai barboni che passano le notti sotto i porticati con lenzuola di cartone. E gli animali, a differenza degli uomini, non hanno paura dei poveri e dei malandati, degli Rom e degli immigrati, per cui, onore a loro, che danno lezioni di umanità. Ma a proposito del campo Rom di Scordovoillo, dove non vivono cani randagi ma esseri umani interviene su “Lamezia Terme.it” una candidata del Centrosinistra, Liotta, che, dopo aver stigmatizzato il fallimento di mezzo secolo di inutili tentativi di integrazione dei Rom che hanno, per giunta, avuto un costo salato per lo Stato, afferma in modo perentorio che le comunità rom costiuitesi oltre il perimetro di Scordovillo pregiudichino le normali forme del vivere civile con grave danno per i valori immobiliari delle costruzioni delle aree adiacenti.
L’aspirante consigliera conclude dicendo che “Ci si dimentica che esistono anche i diritti umani di chi tenta di vivere, con grandi sacrifici, nella normalità. I veri discriminati continuano ad essere quei cittadini che tentano di vivere nella dignità dei comportamenti”. Considero del tutto legittime le preoccupazioni della candidata Milena Liotta sul probabile decremento del valore delle proprietà immobiliari ubicate nelle aree adiacenti e il costo salato per lo Stato, ma mi preoccupa il fastidio verso una comunità umana, che vive letteralmente murata al centro di Lamezia Terme. Ho avuto modo, nei anni scorsi, di esprimere il mio pensiero, da cattolico secolarizzato e non certo “da settimo giorno”. Un pensiero che ho ricavato anche dalla politica, certo anche dalla politica, quando, fino al 2015, furono attivate alcune buone pratiche; fiorirono infatti, in quegli anni, esperienze interculturali e multietniche, maturate nel CTP (centro territoriale permanente, scuola per adulti). Fu, anche, l’occasione perché nella scuola si cominciasse a parlare di una pedagogia (senza voler scomodare Paulo Freire) attenta ai bisogni educativi dei nostri “ultimi”. La scuola e la formazione, e non certo le ruspe, avevano concorso ad avviare un processo di smantellamento del pregiudizio che aveva trasformato dei nostri concittadini, di etnia diversa dalla nostra, in nemici da allontanare o, quantomeno, da tenere a debita distanza. A parte Freire, ad ispirare la mia riflessione, furono le “Beatitudini e precisamente [Il testo di Luca Lc. 21]: ” Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete”. Mi ero reso conto, per dirla con Bacone, che ogni attenzione al problema del Campo Rom di Scordovillo si esauriva nella rimozione fisica del Campo (pars destruens) e mancava quella che il filosofo londinese individuava nella (pars costruens) che coincide con la risposta alla domanda: “CHE FARE?”. E mentre in questi giorni, e fino al 25 e 26 di Maggio, suona la grancassa della politica, liquida e senza ideali, il Campo di Scordovillo rimane lì, evocato da una politica che si misura, nel momento in cui chiede il voto per governare la città, sulla salvaguardia del valore delle proprietà immobiliari, fortemente condizionato da presenze inopportune, per non dire dalla presenza di rifiuti ingombranti. E allora perché non dare ascolto al mio sogno di trasformare il contenitore di pozzanghere, baracche malsane, coperte da lamiere contorte, in un rione di estrema bellezza? Al posto dell’attuale recinto tante siepi sormontate da fiori di campo; tanti ingressi con annessi viali accanto a graziose casette abitate da famiglie rom e non rom; spazi ludici per l’infanzia; due fucine per battere il ferro come si faceva una volta e un laboratorio di ricamo; un centro sociale dove i bambini possono incontrarsi per giocare, imparare con i loro amici non rom, disponibili ad aspettarli perché non c’è un programma da realizzare in tempi precostituiti, ma un percorso educativo, alimentato concretamente dal bisogno di aspettarsi per camminare insieme.
Fiore Isabella
(Ex Consigliere comunale di Lamezia Terme)