Meloni serra i ranghi rivendicando come il suo partito non abbia cambiato né intenda cambiare pelle, anche se ormai alla guida della nazione. In Fdi è netta la convinzione che, nella sua relazione introduttiva, oggi la premier non si soffermerà più di tanto sull’azione di governo e sulle prove che attendono l’esecutivo – per questo, l’appuntamento è il 25 settembre all’Auditorium della Conciliazione, stessa location che ha segnato la nascita di Fdi nonché la frattura scomposta del Pdl con quel ‘che fai, mi cacci?’ gridato da Gianfranco Fini a Silvio Berlusconi – bensì sulle prospettive, le iniziative e le prossime sfide che attendono il partito.
Un partito di rottura, che nel tempo ha cambiato pelle passando dall’esser l’unico bastian contrario del centrodestra al governo Draghi a prima forza politica al timone del paese. Con un diktat, un mantra o meglio un must che per Meloni deve restare sempre lo stesso, ‘fare gli interessi degli italiani’ che oggi ripeterà con forza ai suoi. Rigettando indietro le accuse di chi, dall’opposizione, le rimprovera ‘giravolte’ e inversioni di rotta. Facendo leva sulla collocazione saldamente atlantista, la prudenza sui conti e il ‘savoir faire’ nei rapporti con l’Europa che segnano la strada di una nuova Fdi, meno di lotta e più di governo. Ma Meloni non ci sta e – alle 9.30 in punto, davanti a 400 delegati, porte chiuse ai giornalisti e nessuna diretta streaming - rivendicherà la coerenza delle partite giocate fin qui con i dettami del partito.
Guardando al futuro e alle prossime sfide che attendono i Fratelli d’Italia. Compreso il test elettorale delle europee, tra i temi che verranno affrontati nell’assemblea. Difficile, tuttavia, che la premier sciolga la riserva sull’eventuale scelta di candidarsi come capolista o che arrivi l’annuncio della discesa in campo – per un seggio a Bruxelles – della sorella Arianna, ormai data quasi per scontata dai più: “Non sarebbe certo quella di domani la sede più adatta…”, si ragiona nel partito.
Dove l’obiettivo, per l’appuntamento elettorale ormai alle porte, è non registrare battute d’arresto rispetto a settembre dello scorso anno se non arrivare a superare il risultato messo a segno da Meloni e i suoi alle politiche: raggiungere quota 30% sarebbe l’optimum. Consegnando a Fdi un ruolo di tutto peso nei nuovi equilibri europei e allontanando, numeri alla mano, lo spauracchio di essere un partito ‘meteora’, capace di incredibili scalate e rovinose picchiate.
Un rischio che, per la leader, si scongiura restando “fedeli a noi stessi e agli italiani, quelli che ci hanno votato ma anche quelli che non lo hanno fatto: sono gli unici a cui il partito debba rendere conto“. Ed è questo il messaggio che oggi Meloni si appresta a consegnare ai suoi.