cacumbari
2 dicembre 2023

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Frutti antichi di Calabria: i cacumbari (corbezzoli) dalle mille virtù. La tradizione natalizia dei tre frutti di buon augurio per adornare albero e presepe


I cacumbari, in italiano corbezzoli, sono i piccoli frutti rossi di una bella pianta arbustiva sempre verde (arbutus unedo) della famiglia delle Ericacee, diffusissima in Calabria e in tutte le regioni a clima mediterraneo.

La pianta dei cacumbari, il cui nome calabrese deriva dal greco kòmaros, fiorisce in autunno avanzato, producendo grappoli di fiori bianchi che danno i frutti l’anno successivo e così dalle nostre parti, tra novembre e dicembre, nascono sia i fiori che i frutti, cosa che le dona un aspetto allegro e festoso.

Il cacumbaro o corbezzolo che dir si voglia, è stato citato da tanti: il poeta latino Ovidio ce ne parla nella Metamorfosi descrivendo la vita nell’Età dell’oro; Virgilio nell’Eneide ne parlava come immancabile fiore sulla tomba dei defunti; Giovanni Pascoli addirittura compose un’ode in suo nome e all’epoca, per i suoi colori, divenne la pianta simbolo dell’Italia.

Oltre ad essere molto bello, il corbezzolo ha enormi proprietà terapeutiche: è astringente, antidiarroico, antinfiammatorio, antispasmodico e inoltre diuretico e antisettico delle vie urinarie.

I frutti del corbezzolo però contengono un alcaloide, che se ingerito in quantità produce un senso di ubriachezza e vertigine. Una caratteristica conosciuta già nell’antichità, infatti Plinio il Vecchio assegnò alla pianta il nome unedo (ne mangio solo uno) e sarà anche per questo che in Calabria cacumbaro è un epiteto che si usa per definire una persona sciocca.

Sempre per questo motivo i Romani pensavano che i corbezzoli avessero poteri magici e usavano appenderne in casa un ramoscello con tre frutti, usanza che si perpetua in Calabria nel periodo natalizio quando i bei rami dai frutti rossi adornano il presepe e il caminetto a mò di piccoli alberi di Natale. Risulta inoltre da alcuni testi che nei riti bacchici gli affiliati si incoronavano con i rami della pianta e consumavano grandi quantità di corbezzoli.

Anche il legno di corbezzolo era considerato molto pregiato, in quanto solido e resistente agli insetti, e le foglie, per la forte presenza di tannino, erano utilizzate per la concia delle pelli.

Il corbezzolo selvatico è ancora abbastanza diffuso in Calabria nelle zone collinari ma si può coltivare anche in giardino, per sfruttarne le grandi proprietà nutritive e medicamentose.

Il frutto, granuloso all’esterno dalla polpa carnosa e gialla, contiene circa il 15% di zuccheri, pectine, luppolo, arbutina, flavonoidi, vari steroli e vitamine. E’ ottimo da consumare al naturale, con zucchero o aggiunto ad insalate, sotto spirito o trasformato in confetture, acquavite, infusi, vini, liquori, canditi e sciroppi.

Le foglie sono ricche di tannini e fenoli dall’alto potere antiossidante. Un’infusione di sei o sette foglie di corbezzolo è ottima contro la febbre, la diarrea e disturbi alle vie urinarie. La stessa si può usare come tonico astringente per il viso.

Ottimo, anche se raro, è anche il miele di corbezzolo che ha proprietà balsamiche, antisettiche, antispasmodiche.

Ma, tra le tante virtù possedute dal corbezzolo, la più straordinaria è senz’altro quella di essere una delle specie mediterranee che meglio si adatta agli incendi, in quanto reagisce vigorosamente al passaggio del fuoco emettendo nuovi polloni, soprattutto su terreni acidi e sub-acidi.
Annamaria Persico (articolo già pubblicato su Reportage il 30 novembre 2016)


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