
Dopo la tragedia della funivia del Mottarone, “è molto provato, distrutto. Non ci pensava lontanamente che potesse succedere”. A parlare è Marcello Perillo, difensore di Gabriele Tadini, il capo dell’impianto della funivia del Mottarone che ha ammesso di aver lasciato in azione il forchettone che ha impedito all’impianto di frenare e impedire la caduta della cabina in cui hanno perso la vita 14 persone. “Che ci siano dei morti è un dato effettivo, che lui sapesse le conseguenze” del gesto “ho qualche dubbio in più”, spiega il legale prima di entrare in procura a Verbania.
“E’ un dramma per entrambi: per le vittime, per lui e per la sua famiglia di credenti. E’ un dramma doppio”, ha detto ancora il difensore.
“E’ una persona che si è rifugiata nella fede, non è una cosa strumentale ma lo è sempre stato, ne sentiva il bisogno. Mi ha detto ‘sono nelle mani di Dio per tutto’, una frase che racchiude tutto”, conclude il legale che a breve andrà in carcere dove il suo assistito si trova dall’alba di martedì. Domani Tadini sarà sentito dal gip. “Si è reso conto – continua -: ha la consapevolezza di avere vittime sulla coscienza e sta cercando di superarla con la fede”.
“Non dimentichiamo che si è rotta una fune e un aspetto tecnico importante è capire dove è avvenuta la rottura. Non credo che il forchettone potesse incidere sul cavo, così come bisogna capire i freni su quale fune erano, se portante o traente”, spiega ancora Perillo. L’avvocato sta già contattando diversi esperti ed è pronto a chiedere alla procura di Verbania di poter “eseguire un sopralluogo” sul luogo del disastro. La scelta di lasciare il blocco ai freni era per “velocizzare” la ripartenza della funivia, ma se esistono altri motivi non è dato saperlo. “Del fatto ho parlato 5 minuti con il mio assistito e non ho ancora letto il verbale reso al pm. Sono 38 anni che lavora in questi ambiente, è una persona perbene, preparata. Le motivazioni le chiederò a lui per scelta e saranno decisive per la scelta difensiva”, conclude l’avvocato.
“I fatti si accertano nelle aule del tribunale. Non posso aggiungere altro”. Così invece uno dei collaboratori di Pasquale Pantano, difensore di Luigi Nerini, il gestore della funivia in stato di fermo per omicidio colposo, replica ai giornalisti che assediano la procura di Verbania. Con tutta probabilità sono venuti a recuperare gli atti dell’inchiesta alla vigilia dell’udienza di convalida davanti al gip Donatella Banci Buonamici.