di Fiore Isabella
Chiedo scusa al mio amico cassetto per averlo, per questa settimana, abbandonato. Non però senza dedicargli una calorosa nota di ringraziamento per essersi prestato a fare da termometro al serio progredire di un mio acciacco: l’arto superiore destro indolenzito, intorpidito e in balia di un fastidioso formicolio. Evitando di soffermarmi, neppure per inciso, su ciò che resta del servizio sanitario pubblico, a cui avrei potuto fare ricorso, ormai sciolto come neve al sole, per non far alcun torto al mio caro cassetto, che non merita di privarsi delle mie periodiche attenzioni “rovistatorie” , ho scelto di pagare di persona, e in ogni senso, non senza chiedere scusa a chi, diversamente da me, da solo non ce la fa e chissà per quanto tempo ancora osserverà la coda aspettando Godot.
Ciò premesso, e con un carico di tristezza senza limiti, voglio raccontare la mia storia clinica, ormai risolta, che è, insieme, denuncia sommessa dello sfascio della sanità pubblica, ma anche filo di speranza per qualche eccellenza fruibile solo attraversando lo Stretto o esistente anche a sud del Rubicone.
Infatti, quando le difficoltà di trovare risposte ad un impellente problema di salute, in periodi di “non covid”, ci si affidava ai viaggi della speranza al di là del Rubicone o, ancora oltre, nelle cosiddette eccellenze padane, sembrava che, scendendo ai piedi dello stivale e al di là dello Stretto, non si trovassero eccellenze ma solo soluzioni sanitarie di ripiego. La mia esperienza di ricovero di questi giorni con intervento chirurgico nella Divisione di neurochirurgia del Policlinico di Messina, diretto dal prof. Germanò e da uno staff di medici e di operatori di una scuola di grande tradizione, con dimissioni odierne e con il mio acciacco definitivamente risolto, dimostra che così non è o, quantomeno, non è sempre così. Ed oggi, se fosse possibile parafrasare laicamente l’invocazione sospesa tra le onde: “Vos et ipsam Civitatem benedicimus (“Benediciamo voi e la vostra Città”), insieme ai miei familiari che indirettamente hanno condiviso la mia vicenda, proporremo di farlo così, “RINGRAZIAMO VOI ED IL VOSTRO POLICLINICO”.
Un grazie particolare: al professor, Massimiliano Cardali che mi ha operato con notevole competenza e professionalità; i suoi collaboratori tra cui il dr. Ricciardi; l’anestesista dr. Buda, scrupoloso e col sorriso rassicurante e il suo collaboratore dr Garofano che ha costituito col paziente”Fiore” un combinato disposto floreale; la caposala e il personale paramedico; l’infermiera Sara Santangelo e Nunziatina Barberi per la delicatezza e la premura, di quest’ultima, nel mettermi al riparo da ogni comprensibile imbarazzo, durante la fase di assistenza post intervento.
Alla luce di tutto questo, senza nulla togliere alle eccellenze distribuite lungo lo Stivale, mi sento, per di più per aver vissuto, in regime di covid 19, la pratica del distanziamento dai propri affetti, di suggerire l’attraversamento dello stretto per trovare quelle eccellenze che nel Policlinico Messinese esistono e che mi hanno permesso di affrontare con fiducia e rilassatezza la fase dell’anestesia e con il sorriso soddisfatto quella del risveglio.
Sollecitato da una delle frasi più significative di Ippocrate sulla salute: “Non basta prevedere la malattia per guarirla, occorre insegnare la salute per conservarla”, vorrei così concludere la mia narrazione: Non basta rimuovere la sofferenza fisica di una persona, che spesso si sente solo un numero di letto in un numero di stanza, per renderla felice; occorre chiamarlo per nome e sorridergli o come diceva, più autorevolmente di me, Don Tonino Bello che all’ammalato non basta avere un letto ma ha bisogno del saluto della buonanotte. Esattamente quello che è capitato a me nel padiglione E del Policlinico di Messina, che ringrazio infinitamente, anche per conto del mio affezionato cassetto in attesa di essere amorevolmente rovistato.
Fiore Isabella