L’arresto cardiaco improvviso, qualora avvenga lontano da un dall’ospedale, mette a rischio la vita del 90% delle persone colpite, evidenziando l’urgente necessità di prevedere meglio – e prevenire – l’evento. “Sfruttare i sintomi premonitori per eseguire un triage efficace per coloro che chiamano un’ambulanza o un servizio sanitario di emergenza potrebbe portare a un intervento precoce e alla prevenzione di morte imminente”, afferma Harpriya Chugh, direttore del Centro per la prevenzione dell’arresto cardiaco presso lo Smidt Heart Institute e autore senior dello studio. “I nostri risultati potrebbero portare a un nuovo paradigma per la prevenzione della morte cardiaca improvvisa”.
La ricerca ha analizzato una enorme mole di dati provenienti da due grandi studi: ‘Suds’ (Sudden unexpected death study) avviato 22 anni fa e ‘Presto’ (Prediction of sudden death in multi-ethnic communities) avviato da 8 anni. “Lo studio – spiegano i ricercatori – ha messo a confronto i sintomi individuali e l’insieme di sintomi prima dell’arresto cardiaco improvviso, confrontandoli con i pazienti di controllo che avevano anch’essi richiesto cure mediche di emergenza. I risultati hanno fornito informazioni di importanza inestimabile”, che “aprono la strada a ulteriori studi prospettici in cui verranno combinati tutti i sintomi con altre caratteristiche. Successivamente integreremo questi principali sintomi d’allarme specifici per sesso con funzionalità aggiuntive – come profili clinici e misure biometriche – per migliorare ulteriormente la previsione di un imminente infarto”, concludono.