Green pass negozi, non serve in supermercati: faq Dpcm
23 marzo 2022

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Influenza della guerra su prezzi e comportamenti di acquisto: l’indagine di Altroconsumo


Il conflitto in Ucraina è arrivato ormai ad impattare diversi ambiti della vita quotidiana occidentale. Nello specifico, le conseguenze più gravi si stanno riversando sulla diminuzione di disponibilità di prodotti di prima necessità nei supermercati, causata principalmente dalla paura di non poterne reperire per limiti di approvvigionamento legati alle zone del conflitto. Tuttavia, su alcune categorie si sta sviluppando una percezione falsata che porta a un aumento ingiustificato della preoccupazione dei consumatori e a conseguenti comportamenti non necessari. Come dimostrato da una recente indagine Altroconsumo, il 50-60% dei rispondenti crede e teme che ci sia già una minore disponibilità di prodotti sugli scaffali dei supermercati. L’impatto del conflitto non è al momento arrivato fino a questo punto. A preoccupare realmente nei supermercati sono gli aumenti dei prezzi di vendita di tali prodotti che invece hanno subito dei rialzi. Anche in questo caso però, Altroconsumodimostra come la diffusa percezione di un aumento causato dalla guerra non sia corretta: l’Organizzazione ha, infatti, fotografato comel’andamento dei prezzi ha iniziato ad aumentare già da prima mentre il conflitto non ha ancora avuto un reale impatto su questo frangente.

MANCANZE FRA GLI SCAFFALI: L’OLIO DI GIRASOLE È IL PRODOTTO MENO REPERIBILE MA SOLO NEL 20% DEI CASI

Altroconsumo ha realizzato un’indagine intervistando circa 1.500 consumatori iscritti alla piattaforma ACmakers (progetto Altroconsumo atto al coinvolgimento diretto degli utenti), che hanno raccontato cosa hanno realmente trovato negli scaffali durante la loro ultima spesapresso supermercati, ipermercati e discount. Dall’inchiesta emerge che ci sono dei prodotti meno disponibili di prima ma non a livelli davvero allarmanti.

Fra gli articoli di prima necessità meno reperibili troviamo in primis l’olio di semi di girasole (mancante nel 20% dei casi), l’olio di mais (15%) e la farina bianca (11%). Questi sono i prodotti di cui si teme di più la mancanza in quanto se ne parla molto in relazione al conflitto; in realtà, per quanto riguarda il mais e l’olio di girasole, abbiamo ancora scorte, mentre, per quanto riguarda la farina bianca, le importazioni italiane da Russia e Ucraina sonodavvero ridotte e poco impattanti. È da sottolineare che l’indagine si focalizza sulla disponibilità a scaffale dei prodotti, sarà ad ogni modo necessario continuare a monitorare anche gli effetti sullo scenario produttivo (nel caso dell’olio, ad esempio, bisogna tenere conto dell’utilizzo come bene intermedio). Il 18% degli intervistati, inoltre, non ha trovato disponibilità di branzini freschi e il 17% di orate fresche. Questo fenomeno, probabilmente, è dovuto al fermo dei pescherecci delle scorse settimane a causa dal caro benzina.

 

Non emergono invece mancanze a scaffale per altri prodotti che avrebbero potuto essere oggetto di accaparramento perché a lunga conservazione e quindi tipicamente acquistati da chi vuole fare scorte in vista di rincari o carenze.

 

PREZZI: AUMENTO REGISTRATO GIÀ DA PRIMA DEL CONFLITTO

La situazione che si sta delineando sugli scaffali italiani è figlia di molteplici componenti. La ripresa economica del Paese nell’ultima fase della pandemia si è scontrata con una serie di difficoltà nel reperimento di alcune materie prime a causa di eventi climatici particolari e di raccolti non soddisfacenti da parte di alcuni paesi importatori storici (ad esempio gli scarsi raccolti di frumento tenero del Canada nel 2021). A questo si è aggiunto il conflitto russo-ucraino che, ha portato con sé una forte impennata dei costi energetici e di forniture di gas che ha colpito non solo il settore del trasporto ma anche la produzione diretta di beni, soprattutto nelle aziende più energivore,come ad esempio proprio quella dei prodotti da forno e dei pastifici.

Altroconsumo ha concentrato la propria indagine analizzando i prezzi di 7 prodotti molto consumati dagli italiani: pasta di semola, farina 00, olio di oliva, zucchero da barbabietola, caffè in polvere, latte a lunga conservazione e passata di pomodoro. Sono stati registrati i dati di crescita dei prezzi fino al mese di febbraio 2022 (quindi a conflitto già iniziato) per capire se davvero la guerra in Ucraina ha portato a un’impennata di cui tutti hanno timore. In realtà il dato più significativo che emerge è che gli aumenti di prodotti come pasta, farina, olio extravergine d’oliva e zucchero sono in crescita costante già dallo scorso anno, rispettivamente del 14%, 11%, 9% e 7%.

Gli aumenti dell’ultimo mese rilevato (febbraio), infatti, non indicano uno scatto in alto anomalo rispetto agli ultimi mesi.Anzi, per molti prodotti durante questo mese il prezzo a scaffale è persino diminuito: ad esempio quello della farina 00 (passata 0,74€ al chilo di gennaio allo 0,72€ al chilo di febbraio), ma anche dell’olio extravergine di oliva (passato da 4,39€ al litro ai 4,29€ al litro di febbraio).

 

 

Nota metodologica:

Approvvigionamento
L’inchiesta collaborativa è stata svolta attraverso un questionario online tra il 15 e il 16 marzo 2022 su un gruppo di consumatori iscritti ad 
ACmakers – progetto di Altroconsumo che permette agli utenti  di partecipare in prima persona ai test, ma anche a una serie di indagini dove possono fornire spunti e suggerimenti su diverse che hanno effettuato almeno una spesa presso supermercati/ipermercati/discount nei 7 giorni precedenti alla compilazione del questionario. Sono state raccolte 1.465 risposte valide, distribuite su tutto il territorio nazionale. Nell’inchiesta sono stati presi in considerazione negozi super, iper e discount.

 

Prezzi
Nell’indagine sono stati analizzati i prezzi in ipermercati, supermercati e discount di 7 prodotti di largo consumo nella Penisola: pasta di semola, farina 00, olio di oliva, zucchero da barbabietola, caffè in polvere, latte a lunga conservazione e passata di pomodoro. Sono stati monitorati i dati di crescita dei prezzi fino al mese di febbraio (a guerra Russo-Ucraina già iniziata) per capire se si possa attribuire al conflitto un’effettiva impennata dei prezzi.

 

 


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