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13 marzo 2019

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L’Editoriale: Nord-Sud. Tema cardine d’unità, oltre che punti cardinali…


di Francesco Polopoli

C’è una serie filmica, quella con Claudio Bisio, che sa unire le differenze, facendoci ridere sopra con eleganza: quelle stesse Macroaree, oggi, per la regionalizzazione, corrono il rischio di distanziarsi per sottrazione, invece di essere une e unite per addizione. Si ricordi, allora, il “Benvenuto”, che non è il titolo di coda di quell’esilarante commedia, ma un buon messaggio d’apertura, che ha la fortuna di appassionare tutti persino all’ennesima ripetizione. Detto ciò, proprio in questi giorni, sfogliando dei vecchi giornali, mi sono imbattuto in un’osservazione di Indro Montanelli, che, nell’evidenziare i pregiudizi settentrionali, già radicati ai suoi tempi, si ferma, purtuttavia, su un piano antropologico. L’articolo, per inciso, è corredato da due vignette didascalizzate in contrapposizione (“Nel Nord tutto è stato sfruttato” vs “Nel Sud spiagge stupende ma neglette”).

“L’Italia”, dice il noto giornalista, “è veramente un Paese incredibile. Dalle foci dell’Ombrone, cioè dalla Maremma in su, il suo sviluppo balneare è abbastanza netto e deciso. Eppure le bellezze naturali nel Sud sono nettamente superiori. Chi ha battuto la costa calabra o chi ha cabotato lungo quelle della Sardegna, lo sa. Ma come fermarcisi, se non si ha lo spirito di Robinson Crusoè? Per inciso, per quanto povere siano quelle terre, non vi mancano tuttavia dei contadini e piccoli possidenti che hanno in banca molto più di quanto occorra per alzare sull’aia un pergolato sotto cui disporre tre o quattro tavole, affidando alla moglie e alle figlie il compito di confezionare in cucina quei due o tre piatti tipici della zona, per i quali non si richiede uno chef laureato al Ritz o alla Tour d’Argent.

Molti di noi settentrionali sentenziamo spicciativamente che dipende dalla poca voglia di lavorare. Ma chi pronuncia questo sommario verdetto vuol dire che non è mai stato nel Mezzogiorno o non ha saputo guardare la dura fatica dei contadini per strappare un ciuffo d’insalata dalle gramigne e i sassi dei loro poderi. Nel Meridione si lavora, forse più che nel Nord. Ma si lavora male, più per conservare che per migliorare, più per difendersi dalla fame, che per raggiungere l’agiatezza, e soprattutto senza un briciolo di fiducia nel futuro, che poi sarà il presente delle generazioni nuove. Uno scetticismo ancestrale, un’antica rassegnazione alla miseria e alla vanità di ogni sforzo per sottrarvisi, lo paralizzano”.
(La Domenica del Corriere, Anno 61 n. 36, 6 settembre 1959, rid. pag.3)

Sud-ate carte, quelle del reporter della Prima Repubblica, per una terra percepita come Sud-ario, la nostra: e le condizioni mica sono cambiate, oggidì! Anzi, in futuro, “peiora parantur!”. Il Sud sud-erà sette camicie in più, mi sa: già, questo ci vuole, lavoro, sacrificio, impegno. Lavoro, sacrificio, impegno”, come ci ha liquidato l’attuale ministro Bussetti. Che amarezza!
Di Francesco Polopoli


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