french15c2
3 maggio 2016

News cultura, spettacolo, eventi e sport

La Calabria e il telaio delle Fate


L’arte della tessitura in Calabria ha origini antichissime e il telaio, suo principale strumento e simbolo dell’operosità e della pazienza femminile, era presente fino a non molto tempo fa in molte case.

Utilizzato fin dai tempi della Magna Grecia e certamente molto diffuso nella regione già nel IX secolo, era grande e in legno di faggio, posizionato in genere nel piano terra della casa o, più spesso, in camera da letto, e svolgeva funzione aggregativa in quanto intorno ad esso si riunivano le donne, sia giovani che anziane, per produrre le famose sete calabresi e altri tessuti di uso domestico in lana, cotone, lino, canapa e ginestra.

La tessitura è un’arte così antica in Calabria che troviamo le figure delle tessitrici negli antichi racconti popolari calabresi sotto forma di Fate, i personaggi leggendari che discendono direttamente dalle Ninfe della mitologia greca e il cui nome deriva dall’altro nome latino della Parche, Fatae, cioè coloro che presiedono al fato (dal latino fatum, destino), spesso raffigurate a tessere il filo della vita degli esseri umani. Curiosamente, ritroviamo questi esseri più o meno con le stesse caratteristiche nelle leggende celtiche e di alcuni paesi del nord Europa.

Le Fate comunque nell’immaginario collettivo, in Calabria come altrove, erano creature magiche ed eteree, bellissime ed eternamente giovani, spesso raffigurate con le ali, benevole e protettrici verso gli umani ma visibili solo ai puri. Vivevano nelle grotte vicino a corsi d’acqua e uscivano solo di notte per raccogliere fiori e miele di cui si cibavano e per tessere misteriosi e delicatissimi tessuti ad un telaio, posto in un luogo consacrato, di cui gli umani sentivano solo il rumore.

Questa leggenda è presente in molti paesi della Calabria come Lamezia Terme, Platania, Cetraro, Guardia Piemontese, Jonadi, Petilia Policastro. La più conosciuta è quella delle Fate di Colle dei fiori, nei pressi di San Giovanni in Fiore, narrata anche da Saverio Basile.

Pare che sul Colle, in mezzo a un bosco di pioppi, ci fosse un enorme macigno squadrato, detto pietra di Pizzi, grande quanto una casa, da dove uscivano strani rumori. Secondo i racconti popolari i rumori erano prodotti dalle fate industriose che all’interno della pietra lavoravano al telaio.

Ma come facevano a tessere al buio? Semplice, i pioppi come si sa hanno le foglie d’oro, brillanti come luminarie ed erano lì apposta per far luce magicamente alle fate. Si narra che nei giorni quieti e senza vento, a poggiare l’orecchio sulla pietra, si possa ancora sentire il tranquillo rumore della navetta del telaio e il bisbiglio delle fate che chiacchierano tra loro.

E alle Fate, spiriti benevoli della natura che da sempre accompagnano e guidano la vita degli uomini e delle donne, anche il grande poeta calabrese Felice Mastroianni dedicò una bellissima poesia Mi cantano le fate del mio monte, il monte Reventino nei pressi di Lamezia Terme.
Annamaria Persico


Leggi anche...



News
Malattia misteriosa in Congo, non si esclude mix di...

Che malattia è e cosa sappiamo dell'infezione misteriosa che sta circolando in Congo e sta...


News
Usa, oltre 75 premi Nobel scrivono al Senato:...

Oltre 75 premi Nobel hanno firmato una lettera in cui esortano i senatori a non confermare la...


News
Monza ko in casa 2-1 con l’Udinese e Nesta rischia

Il Monza perde 2-1 in casa con l'Udinese e resta a 10 punti al penultimo posto della...


News
Ucraina-Russia, Zelensky: “Tregua non basta...

La tregua senza garanzie di sicurezza non basta all'Ucraina nella guerra contro la Russia....