Arrivai all’età di 50 anni pensando di essere una di quelle persone accomodanti su tutto, si proprio tutto, una di quelle che sicuramente non cambierà il mondo. Ma di una cosa mi resi conto e che mi faceva andare in bestia: la carta igienica.
Mi spiegherò meglio.
Non è che abbia qualche cosa contro la carta igienica, è uno strumento utile. Ho qualcosa contro la modalità corretta del suo utilizzo o sulla assenza. A chi di voi non è mai capitato di girare per casa con i pantaloni abbassati o seminudo per andare alla ricerca di quel rotolo di carta igienica che la persona che aveva usato il bagno prima di voi non aveva ricaricato? Alcuni episodi hanno segnato la mia vita.
Ricordo che da piccolo, avrò avuto l’età di quattro, cinque anni, papà mi portò con se in campagna e mentre giocavo mi venne un bisogno impellente . “Papà devo andare in bagno, ma qui non c’è un bagno”. E papà sogghignando: “Guardati bene intorno qui è tutto un grande bagno!”. Afferrai al volo il concetto ma ribattei “Sì papà ho capito ma…. non ho la carta igienica”. E papà: “Guarda lì dietro di te c’è un albero di fico, è pieno di carta igienica, prendi una foglia e ti pulisci!”.
Capita l’antifona mi adattati e fu liberatorio… in tutti i sensi. Poi, anni dopo, fattomi più grandicello, la Storia del Tirchio della carta igienica mi traumatizzò. A narrarmela fu mio cugino, non un cugino qualunque, ma uno di quelli che insegna ma soprattutto ti segna. Mio cugino in una fresca serata d’estate, esordi dicendo: “Oggi ho conosciuto una persona davvero particolare, che asserisce di essere un risparmiatore di carta igienica. Usa la carta igienica con parsimonia, utilizzando il minimo indispensabile alla sua pulizia ritagliandola nei minimi particolari. Ma la cosa raccapricciante fu quando raccontò che per risparmiare anche sulla lavatrice, usava la mutanda “sgommata” su ambedue i lati. “Robe dell’altro mondo” dissì commentando questo racconto misto tra realtà e mitologia. “Non ci credo” esclamai. E fu liberatorio.
Ma c’è una volta in cui ringrazierò per sempre la carta igienica.
Fu quella volta che andai al lavoro. Avevo un’ora di viaggio da affrontare in pullman. Appena obliterato il biglietto dopo esser salito sull’autobus, una colica di quelle clamorose mi assalì. Momenti interminabili, un viaggio di un ora si trasforma
maledettamente in un viaggio di un anno.
Rispondevo a monosillabi al vicino di posto che proprio quella mattina commentava uno ad uno , gli articoli per l’approvazione della legge finanziaria in discussione alla Camera dei Deputati. E così facendo e tenendo duro, ma duro, scesi lentamente dal pullman all’arrivo .
Circa 500 metri mi separavano dalla sede lavorativa dove c’era il bagno ovviamente quasi sempre senza carta igienica.
Quegli interminabili passi, a gambe strette, serrate, utilizzando gli stratagemmi più assurdi mi permisero di arrivare con un tempismo di un orologio svizzero non un secondo prima non un secondo dopo. E fu liberatorio. La cosa più bella è che quel giorno come un miracolo c’era la carta igienica. Si! C’era la carta igienica. Un senso di gratitudine immensa mi pervase pensando a chi aveva messo la carta igienica lì ,in quel posto. E immediatamente ringraziai la carta igienica, Yes i love you ❤️
NOTE BIOGRAFICHE. “Sono Giovanni Coscarelli nato a Cosenza anagraficamente nel 1971. Alterno giorni in cui mi sento molto molto più giovane della mia età ad altri in cui, ahimè, sento più del doppio dei miei anni. In questo viaggio che è la vita tra passato, presente e futuro ogni tanto fisso, invento o scrivo delle storie, dei pensieri, delle emozioni su pezzi di carta che spesso non ricordo dove metto. Con una di queste storie dal titolo “La carta igienica” ho partecipato al premio Nautilus ed è stato un vero piacere averla condivisa con voi e ora con il pubblico. Spero di condividerne tante altre in futuro. Un ringraziamento agli organizzatori del premio per questa opportunità”.