La cattedrale di Lamezia Terme, dedicata ai patroni SS. Pietro e Paolo
29 giugno 2017
La cattedrale di Lamezia Terme, dedicata ai patroni SS. Pietro e Paolo

Storia, miti e leggende della Calabria e del Sud

La festa dei Santi Pietro e Paolo a Lamezia e l’antica tradizione della fiera dell’aglio e della cipolla


Il 29 giugno si festeggiano i Santi Pietro e Paolo, capisaldi della fede cristiana e fondatori della Chiesa Cattolica.

Pietro, il discepolo prediletto di Gesù e primo Papa, e Paolo, il grande testimone di fede convertito sulla via di Damasco, furono i primi a diffondere il Vangelo a tutti i popoli e non a caso sono i patroni della Capitale e di innumerevoli città italiane e straniere e alle loro figure sono legate varie leggende e tradizioni da nord a sud dello Stivale.

San Pietro è il patrono di fornai, costruttori di porti, macellai, pescatori, mietitori, cordai, orologiai, fabbri, calzolai, tagliapietre, costruttori di reti da pesca e di navi. Inoltre è patrono della longevità del popolo ed è invocato per intercedere in caso di rabbia, problemi ai piedi e febbre.

San Paolo invece è il patrono di cordai, cestai, giornalisti, missionari, vescovi e la fede popolare prevede che si invochi contro le tempeste di mare, i morsi di serpenti e contro la cecità.

Leggenda vuole che i Santi nelle loro predicazioni sostassero a Galatina in Puglia e si accorsero delle persone ammalate per il morso di un ragno. Decisero di insegnare perciò ai residenti il rito della Taranta, che guarisce dal male con l’acqua di un pozzo da loro benedetta e le ben note musiche e danze salentine.

Un’altra tradizione legata alle solennità dei due Santi è quella della fiera delle cipolle che si svolge ad Isernia, a Lamezia Terme e in altri paesi sia del nord che del sud Italia. Forse il legame tra il tubero e la festa dei Santi Pietro e Paolo è una leggenda che si tramanda da generazioni in cui si narra della madre di San Pietro, molto cattiva e avara, che nella sua vita aveva fatto un solo atto di generosità: il dono di una cipolla a una vecchia donna affamata.

Quando la madre di San Pietro morì, per non andare all’inferno supplicò il figlio ricordandogli di quell’unico atto di carità.

Il figlio San Pietro chiese a Gesù di salvarla e questi acconsentì, permettendo alla madre di aggrapparsi a una treccia di cipolla. Mentre la donna cercava di risalire dagli inferi, a questa treccia si aggrapparono anche altre anime, e lei cominciò a tirare calci e a scacciare le povere anime dannate. La treccia con il peso e il movimento dei calci non resse e la madre di San Pietro, per la sua cattiveria, ritornò nelle fiamme dell’inferno.

A Lamezia Terme-Nicastro la fiera della cipolla e dell’aglio rosa (altro importante e particolare prodotto dell’agricoltura locale) è una manifestazione antichissima, menzionata in diversi documenti già dal 600, non sappiamo quando istituzionalizzata.

Ricordiamo che la prima cattedrale di Nicastro era bizantina, probabilmente ubicata nella zona dell’attuale chiesa del Crocefisso e dedicata alla Madonna dell’Assunta, pare distrutta dai Saraceni. Nel 1100 la contessa Eremburga, nipote di Roberto il Guiscardo, costruì una nuova cattedrale dedicandola a San Pietro in vinculis, maestosa e in stile romanico, presso la confluenza dei torrenti Piazza e Canne, nell’area attualmente compresa tra la chiesa del Crocefisso e l’edificio scolastico, per sottolineare l’appartenenza della città alla chiesa di Roma e continuare nell’opera di latinizzazione dei territori.

Questo edificio crollò in seguito al terremoto del 1638 ma nel 1640 monsignor Giovan Tommaso Perrone iniziò l’edificazione di una nuova cattedrale, ubicandola nell’attuale sito del Corso Numistrano dal quale domina tuttora il centro storico nella sua maestosità neobarocca.

La tradizionale festa e la fiera della cipolla probabilmente risalgono all’epoca bizantina della contessa Eremburga, quando re e principi in occasione delle feste locali (in genere religiose) concedevano l’esenzione di dazi e gabelle, creando così occasioni di risparmio per i compratori che arrivavano anche dai paesi vicini.

La Nicastro bizantina era una città importante e si suppone che all’epoca, qui come nel resto d’Italia, la tradizione della vendita della cipolla alla fiera di San Pietro nacque dalla necessità di commercializzare gli ottimi prodotti stagionali della fiorente agricoltura locale e in seguito l’immaginario collettivo e la fede popolare hanno fatto il resto, sovrapponendovi nei secoli successivi le leggende legate ai culti del luogo.

Ad esempio alla fiera di San Pietro era ed è tradizione acquistare non solo le lunghe trecce di cipolla rossa, ma anche quelle dell’aglio perchè si credeva che in quanto arrestato (intrecciato) appositamente il giorno di San Giovanni (cioè il 24 giugno, pochi giorni prima della festa), avesse il potere di scacciare il malocchio e tenere lontani gli spiriti maligni dalla casa.

Probabilmente anche la sede della fiera, che è tradizionalmente Piazza Mazzini chiamata anche piazza d’Armi, è dovuta alla vicinanza della originaria ubicazione della cattedrale di Nicastro dedicata a San Pietro.
Annamaria Persico

(consulenza Antonio Vescio, archeologo)


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