Un popolo ai margini della nostra società, che tanti percepiscono senza religione, senza cultura e senza amore per il prossimo, ha avuto il coraggio di andare contro ogni legge e preoccupazione personale, pur di onorare, secondo gli avi, un giovane morto di infarto.
Vedere a confronto come facciamo con i nostri morti, appena benedetto da qualche sacerdote pauroso e frettoloso, senza poter avere il conforto della Santa Messa, portati al cimitero senza amici, certo fa pensare.
E’ molto facile gridare allo scandalo contro i Rom. Dovremmo invece pensare ai nostri comportamenti. Noi che ci diciamo cristiani non apriamo bocca quando ai nostri morti, e ai familiari, manca tutto il conforto religioso. Nel tempo di Pandemia ci chiudono le chiese nel momento dell’estremo bisogno di trovare conforto attraverso l’Eucaristia, quando sono aperte perfino fabbriche e call center (sempre osservando tutte le preoccupazioni per non trasmettere il virus?!?)
E certo, più facile avercela con un popolo che osserva fino in fondo i riti antichi per accompagnare il morto per l’ultimo tragitto della vita terrena.
Armando Bevilacqua aveva 51 anni, uomo onesto, era sposato con Ornella e aveva 7 figli; lavorava da quando era piccolo ad un ingrosso di frutta e verdura. Le figlie piccole frequentano la scuola, due dei grandi figli lavorano regolarmente; convivono e uno aspetta il secondo figlio. Il 18enne lavora saltuariamente.
Una famiglia come tante al mondo. L’unica loro colpa? Appartenere ad un popolo con una cultura millenaria sconosciuta ai più.
Karin Maria Faistnauer
Presidente Associazione Donne e Futuro