infografica Rapporto economia 2015
23 novembre 2015

News Calabria

L’economia in provincia di Cosenza: l’indagine Bcc Mediocrati-Demoskopica


Giovane, preferibilmente laureato, con una buona conoscenza del settore di attività, predisposto al rischio, decisionista, creativo e consapevole dell’importanza della formazione sua e del personale per “stare” sul mercato. È questo l’identikit dell’imprenditore che comincia a segnare il passo del mercato economico locale per uscire dalla crisi, che cerca di fare breccia su un’offerta imprenditoriale attualmente ancorata a strategie tradizionali e poco predisposta ad aggregarsi: scarsa conoscenza delle lingue, insignificanti investimenti in ricerca e sviluppo, poca voglia di innovare e di fare rete, utilizzo ancora insufficiente di internet e dei canali social per penetrare nuovi mercati. Sul versante del clima di fiducia, migliora il sentiment degli imprenditori per il prossimo anno.
È il quadro che emerge dal consueto rapporto annuale sull’economia locale realizzato dall’Istituto Demoskopika per conto della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati.

«Molte indagini sul fenomeno imprenditoriale», dichiara il presidente della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati, Nicola Paldino «hanno evidenziato come il livello di istruzione e formazione degli imprenditori rappresenti una variabile rilevante, con effetti significativi sui risultati conseguiti dalle imprese stesse in termini di probabilità di sopravvivenza, crescita del fatturato, dell’occupazione, profittabilità, propensione all’innovazione e valorizzazione del capitale umano. Ciò ovviamente non significa che per essere oggi un buon imprenditore sia necessario avere una laurea o un diploma, ma che, a parità di esperienza un imprenditore laureato o diplomato raggiunge migliori risultati di uno con un basso livello di istruzione. In questo scenario l’innalzamento del livello della formazione di tipo formale di chi fa impresa è dunque di per sé un obiettivo auspicabile. Ancora più importante è che a ciò si aggiunga una maggiore attenzione per la formazione imprenditoriale, a tutti i livelli di istruzione, al fine di potenziare sia le attitudini che le competenze legate all’imprenditorialità».

«L’importanza di puntare su un capitale umano di livello», commenta il direttore dell’Istituto Demoskopika, Nino Floro «muove dalla consapevolezza che un bagaglio di conoscenze inadeguato produce effetti distorsivi, intrappolando in un circuito vizioso i soggetti le cui decisioni hanno un peso elevato nel governare e orientare i processi di allocazione delle risorse aziendali. I potenziali effetti distorsivi e il costo di decisioni inadeguate aumentano, infatti, con la quantità di risorse governate dal decisore. Ridotti livelli di qualificazione di chi ha responsabilità di governo dell’impresa si traducono, inevitabilmente, in un basso profilo della domanda di capitale umano e di conoscenza, che a sua volta genera ridotti rendimenti dell’istruzione e, quindi, minori incentivi ad investire nello stesso capitale umano».

La top three di chi imprende: temerario, decisionista e creativo
Per comprendere le principali caratteristiche presenti negli imprenditori locali, agli intervistati è stato chiesto di individuare quale tratto personale dovrebbe possedere, a loro giudizio, un imprenditore tra una lista di 10 personal traits ritenuti più comuni dagli studiosi. In testa con lo stesso grado di importanza gli imprenditori indicano la propensione al rischio con il 45,5%, e la capacità decisionale 43,3%, seguiti non molto distante dalla creatività, qualità questa indicata da oltre un terzo del campione, il 36,6%. L’indicazione della creatività come uno dei principali tratti personali è significativa, considerando che gli intervistati operano in settori tradizionali e che essa è solitamente riconosciuta una tipica caratteristica degli imprenditori italiani che consente di bilanciare, almeno in parte, altre carenze comportamentali degli imprenditori. Meno significative le indicazioni riguardanti la predisposizione al cambiamento (29,8%) e i rapporti umani (28,9%) e l’autodeterminazione (27,5%).

Competenze: conoscenza del settore prioritaria per il 79,5% degli imprenditori
Ben 8 soggetti intervistati su 10 scelgono la profonda conoscenza del settore in cui operano quale competenza prioritaria da possedere. Tale risultato si può definire come aderente alle attese poiché, gli imprenditori locali, operano principalmente in settori tradizionali e in mercati poco dinamici; di contro sembrano avere meno competenze manageriali (23,6%), di marketing (16,2%) o ancora attitudini nel lavorare in team (19,7%), conoscenze tecniche e tecnologiche (15,6%) e di misurazione del rischio (15%). Infine, i soggetti intervistati dichiarano di essere ancora meno preparati nel campo dell’information technology (6,4%), e in materia di finanza (9,1%) oltre che non possedere grandi capacità analitiche (8%) e attitudini nella risoluzione dei conflitti (9,3%).

Istruzione: prevalgono i “capi d’azienda” con un livello medio-alto
Oltre l’80% degli imprenditori cosentini presenta un livello di istruzione medio-alto, di questi la maggioranza, il 52,9%, ha conseguito un diploma di scuola media superiore e il 28,7% possiede un titolo universitario, (laurea breve 4,5%, laurea magistrale 23,1%, specializzazione post laurea, dottorato, master 1,3%), gli imprenditori con un basso livello di istruzione, con licenza elementare (5,8%) o di media inferiore (12,6%) rappresentano la quota minore, il 18,4%.

Formazione manageriale: le giovani leve più “sensibili” a migliorare il proprio know-how
Dall’indagine Bcc Mediocrati – Demoskopika è emerso che oltre ad un medio-alto tasso di scolarità, una percentuale non trascurabile di imprenditori cosentini presenta anche un’elevata propensione allo studio e alla formazione riconoscendo che una preparazione adeguata costituisce un presupposto essenziale per mantenere elevati i livelli di competitività aziendale. Oltre il 30% del campione ha dichiarato di aver svolto negli ultimi tre anni, attività formative manageriali, di gestione e amministrazione di impresa, fra questi la maggiore parte, il 18,9%, ha partecipato a più di un evento formativo, il 12,4% soltanto ad uno. Da rilevare tuttavia, sul fronte opposto, che il numero più consistente degli imprenditori intervistati, il 68,7%, non ha svolto alcuna attività formativa diretta ad accrescere le proprie competenze e conoscenze in materia di gestione d’impresa.
Ad evidenziare una maggiore attenzione per la formazione imprenditoriale e per la propensione all’ampliamento del proprio bagaglio di conoscenze e competenze in materia di gestione e amministrazione di impresa sono principalmente gli imprenditori più giovani (43,8%) rispetto ai più anziani (19,8%) e i soggetti in possesso di un più elevato livello di istruzione (il 46,7% vs il 14,3% del livello basso).

Formazione linguistica: non passa la “straniera”
Per l’84,8% degli imprenditori, la conoscenza di un lingua diversa da quella natale, è cosa assai rara: il 42,4% non ha alcun tipo di conoscenza linguistica, una percentuale analoga, ha una competenza prevalentemente scolastica di una o più lingua straniera; solo il 13,1% dichiara un buon livello parlato e scritto di almeno una, e appena il 2,1% ha la padronanza di più di un idioma. In coerenza alle attese, maggiori competenze linguistiche si riscontrano tra le classi di età più giovani e fra quanti hanno un più alto livello di istruzione (laurea e diploma), mentre sia a livello settoriale che di area il dato appare più omogeneo non rilevandosi differenze degne di nota.


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