L’esperienza della Fazenda da Esperança di Lamezia Terme, la testimonianza di chi ha raggiunto la libertà dalla dipendenza seguendo la via del Vangelo e della vita fraterna, è stata trattata nella tesi di laurea della giovane lametina Maria Grazia Di Matteo, che nei giorni scorsi si è laureata in psicologia clinica e del ciclo di vita alla Libera Università Maria Santissima Assunta di Roma (LUMSA).
L’impatto psicopatologico e comportamentale dell’uso della cocaina sui giovani adolescenti e sugli adulti è il tema della tesi della neodottoressa, che ha avuto come relatore il docente Marco Di Nicola insieme a Luigi Janiri, rispettivamente responsabile del day hospital e direttore del reparto di psichiatrica del Policlinico Gemelli di Roma.
Visitando la Fazenda, ascoltando la testimonianza degli ospiti e dei volontari che attualmente si trovano nella struttura di Contrada Lenza-Viscardi, affidata alla Caritas diocesana di Lamezia Terme, Maria Grazia Di Matteo ha messo a confronto i suoi studi sulle dipendenze e sull’impatto delle droghe sulla vita delle persone con l’esperienza quotidiana che dal 2015 si vive anche nella fazenda lametina, la prima nata in Italia, nello spirito della prima Fazenda da Esperança fondata da Nelson Giovanelli, Frate Hans Steppel, Lucylene Rosendo e Iraci Leite che negli anni Ottanta diedero vita in Brasile alla prima comunità per il recupero di giovani tossicodipendenti, attraverso un metodo fondato sulla vita evangelica e sulla riscoperta della dignità della persona attraverso la comunione fraterna e il lavoro quotidiano.
La neodottoressa Di Matteo sottolinea «il grande interesse da parte dei miei relatori e di tutta la commissione per la testimonianza riportata nella mia tesi, che ha voluto mettere in risalto da un lato la realtà della dipendenza da cocaina negli adolescenti e negli adulti con le sue ripercussioni fisiche, psicologiche, morali sulle persone e dall’altro indagare sui modi per uscire dalla dipendenza e impedire conseguenze irreversibili. E’ positivo che proprio nella mia città sia sorta la prima fazenda italiana, sul modello delle fazende brasiliane, che propone un percorso di uscita dalla dipendenza per riscoprire fino in fondo la dignità e la libertà della persona, oltre l’aspetto meramente clinico. Una realtà positiva da far conoscere e incoraggiare per dare speranza a tanti giovani vittime della droga e a tante famiglie».