Dice che le imbarcazioni in dotazione alla Guardia costiera potevano intervenire “anche con mare forza 8″, mentre quella notte maledetta, c’era solo “mare forza 4″. Poi, parlando dell’inchiesta della Procura sul naufragio, spiega: “Saremo sentiti e ci farà piacere chiarire, chiariremo a chi dovere quando ce lo chiederanno”. E alla domanda sul perché non abbiano agito nonostante la segnalazione della sera prima, il sabato 25 febbraio, di una imbarcazione ‘distress’, cioè in pericolo, nello Ionio, replica: “Non mi risulta che si trattasse di una segnalazione di distress, sapete che le operazioni le conduce la Guardia di finanza finché non diventano comunicazione di Sar (di salvataggio ndr.). Io non ho ricevuto alcuna segnalazione”. A chi gli chiede del rimpallo si responsabilità replica: “Non posso dire nulla, la Guardia costiera ha fatto un comunicato stampa e c’è scritto tutto e bene e lo capiamo tutti. C’è una inchiesta della Procura che non riguarda noi. Se e quando saremo chiamati a dare la nostra versione atti alla mano, brogliacci etc, noi riferiremo”.
Ha parlato, poi, anche il portavoce della Guardia costiera, Cosimo Nicastro. Che, intervistato da Vespa, mentre ai giornalisti da giorni a Crotone spesso non risponde neppure al telefono o ai messaggi, dice che il naufragio avvenuto in Calabria, è “una tragedia non prevedibile alla luce delle informazioni che pervenivano”. “Gli elementi di cui eravamo a conoscenza noi e la Guardia di Finanza – ha aggiunto – non facevano presupporre che ci fosse una situazione di pericolo per gli occupanti. Non erano arrivate segnalazioni telefoniche né da bordo né dai familiari. E allo stesso tempo la barca, partita 4 giorni prima dalla Turchia, non aveva riportato alcuna informazione alle altre omologhe organizzazioni di guardia costiera che ha attraversato”. L’unico a non avere ancora parlato, anche solo per difendere uomini e donne della guardia costiera attaccati sulla stampa e sui social, è il Comandante generale delle Capitaneria di porto.