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13 luglio 2016

News

Negli ultimi 25 anni, addio al 28 per cento della terra coltivata. A rischio frane e/o alluvioni quasi tutti i comuni


​L’ultima generazione è responsabile della perdita in Italia di oltre un quarto della terra coltivata (-28%) per colpa della cementificazione e dell’abbandono provocati da un modello di sviluppo sbagliato che ha ridotto la superficie agricola utilizzabile in Italia negli ultimi 25 anni ad appena 12,8 milioni di ettari.

È quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo in occasione dell’Assemblea dell’Associazione bonifiche italiane (Anbi) nel commentare lo studio dell’Ispra che stima in 55 mila euro all’anno i costi occulti per ogni ettaro di terreno consumato, riconoscendo così implicitamente il valore ecosistemico dell’agricoltura in termini di produzione, stoccaggio del carbonio, protezione dell’erosione, prevenzione danni provocati dalla mancata infiltrazione dell’acqua e salvaguardia degli impollinatori.

Su un territorio meno ricco e più fragile per il consumo di suolo si abbattono – si legge in una nota della Coldiretti – i cambiamenti climatici con le precipitazioni sempre più intense e frequenti con vere e proprie bombe d’acqua che il terreno non riesce ad assorbire.

Il risultato è che sono saliti a 7145 i comuni italiani, ovvero l’88,3% del totale, che sono a rischio frane e/o alluvioni secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ispra. Di questi, 1640 hanno nel loro territorio solo aree a derivata propensione a fenomeni franosi, 1607 sono invece i comuni a pericolosità idraulica e 3898 quelli in cui coesistono entrambi i fenomeni.

Le regioni con il 100% dei Comuni a rischio idrogeologico sono sette: Valle d’Aosta, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Molise e Basilicata. A queste si aggiungono Calabria, provincia di Trento, Abruzzo, Piemonte, Sicilia, Campania e Puglia con una percentuale di comuni interessati maggiore del 90%.

Per proteggere la terra e i cittadini che vi vivono, l’Italia – conclude la Coldiretti – deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività agricola.
(Fonte: Coldiretti)


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