Tutti parlano del decreto varato venerdì scorso dal governo, ma nonostante l’importanza delle questioni affrontate le uniche informazioni circolate sono comunicati stampa e rettifiche a comunicati stampa: torniamo a uno Stato di diritto, dove a parlare siano le leggi nero su bianco.
Ma non basta: da quel che, comunque, si è potuto sapere, il decreto rischia di essere più che altro un dispensatore di salvacondotti. Per chi? Per le banche e i banchieri che hanno causato i buchi di bilancio, per la Bce che ha sbagliato a valutare i crediti deteriorati ceduti alla bad bank, da cui sarebbero potuti scaturire almeno altri 500 milioni di euro per i risparmiatori rimasti coinvolti nel caso; infine, per Banca d’Italia, la cui attività di vigilanza è stata scarsa.
Quanto al rimborso «automatico», che in realtà automatico non è e che comunque lascia fuori metà degli obbligazionisti coinvolti, il rimborso dell’80% è solo teorico: i risparmiatori otterranno meno, visto che vanno defalcati una parte degli interessi percepiti in passato e le spese di acquisto.
Se ad esempio si è investito 10.000 euro per 5 anni e il bond ha reso, in passato, il 2% annuo in più dei BTp, il risparmiatore non otterrà 8.000 euro ma 6.900, contando spese di acquisto dell’1%. Una perdita quindi del 31%, e non del 20%, su quanto investito.
«Scandalosa, poi, l’inversione dell’onere della prova per il ricorso all’arbitrato», dichiara Vincenzo Somma, direttore di Altroconsumo Finanza. «La legge prevede che sia l’intermediario a discolparsi, il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone invece chiede che sia il risparmiatore a provare il danno subito», conclude Somma.