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17 gennaio 2024

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Oggi è Sant’Antonio Abate, l’eremita protettore degli animali domestici. Perchè il “fuoco di Sant’Antonio” si chiama così


Il 17 gennaio si celebra Sant’Antonio Abate, il Santo eremita egiziano fondatore del monachesimo cristiano, primo degli abati, protettore degli animali.

Sant’Antonio Abate nacque intorno al 250 d.C. in Egitto da un’agiata famiglia di agricoltori. Dopo essere rimasto orfano a circa vent’anni, rimase affascinato dal Cristianesimo, donò tutti i suoi beni e intraprese la vita eremitica, dall’ascesi sempre più profonda.

Qui subì molte tentazioni e il raccoglimento e la solitudine spesso erano spezzati da numerose visite. Così Antonio, sull’esempio di Gesù che fu condotto dallo Spirito nel deserto, nel 258 d.C. si stabilì sulle montagne del Pispir, nei pressi del Mar Rosso, in una fortezza abbandonata ma con una fonte sorgiva, dove visse per 20 anni come anacoreta in compagnia di tanti altri che avevano fatto la stessa scelta di vita, difendendo la fede e accogliendo i suoi simili. Per questo Sant’Antonio è considerato il padre del Monachesimo.

Morì il 17 gennaio del 356 d.C. all’età di 106 anni e fu seppellito in un luogo segreto. Nel 561 d.C. il suo sepolcro venne scoperto e le reliquie giunsero fino in Francia, dove iniziò il culto di Sant’Antonio Abate.

Nell’XI secolo a Motte-Saint-Didier fu costruita una chiesa in suo onore. Numerosi pellegrini vi si recavano e ricorrevano alla sua intercessione, soprattutto per ottenere la guarigione dall’herpes zoster, tanto da richiedere la costruzione di un ospedale per ospitarli e la costituzione di una confraternita, gli Antoniani, per accoglierli.

Il Papa accordò anche il permesso di allevare maiali per il sostentamento della comunità e per utilizzare il grasso nelle preparazioni di emollienti per la cura dello zoster, chiamato comunemente infatti fuoco di Sant’Antonio.

Da allora Sant’Antonio Abate è il patrono degli animali domestici e da stalla e l’iconografia medievale ce lo presenta spesso nell’atto di benedire, accanto ad un maialino con un campanello al collo.

Il 17 gennaio in onore del Santo e anche degli animali, da Nord a Sud d’Italia, da Vercelli a Parma, fino a Matera, Bari, e tanti altri borghi grandi e piccoli, è tradizione accendere dei falò, simbolo di rinnovamento e purificazione, e portare gli animali (che un tempo si riteneva parlassero nella notte precedente la festa), cani e gatti ma anche mucche, asini, pecore, galline, conigli e soprattutto maiali a ricevere la benedizione solenne.

A livello nazionale, si celebra (ma non quest’anno a causa della pandemia) a Roma La giornata dell’allevatore  e La stalla sotto al cielo, con la benedizione di uomini ed animali, che vede la partecipazione del Reggimento Corazzieri a cavallo, la celebre Guardia d’Onore del Presidente della Repubblica italiana.

Annamaria Persico (articolo pubblicato su Reportage il 17 gennaio 2020)


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